I dati sono stati presentati nei giorni scorsi nell'assemblea ordinaria annuale dei soci che si è tenuta all'hotel Unaway di San Lazzaro di Savena, a Bologna.
Una assemblea che ha approvato all'unanimità il bilancio dell'esercizio 2017-2018, con un fatturato di 21,9 milioni di euro e un utile pari a 168mila euro. Risultati positivi, nonostante anche quest'anno la raccolta non sia stata delle migliori con un totale di 1.550 tonnellate di miele prodotte nel 2017 contro le 2.600 tonnellate prodotte in media dal Consorzio.
Una crescita sostenuta anche da un intenso lavoro di promozione del marchio-icona di Conapi: Mielizia, che segna un +20% sia a volume che a valore e si appresta a festeggiare i suoi primi 40 anni.
Bene anche i segmenti più dinamici come i mieli di alta qualità e biologici e quelli di provenienza italiana e regionale, con etichette che raccontano il prodotto, le tecniche di lavorazione e la provenienza.
Una gamma di prodotti che sta riscuotendo un notevole successo anche all'estero, soprattutto per i prodotti biologici che, come dice la responsabile commerciale e marketing Nicoletta Maffini, vanno molto bene specialmente in Francia e Giappone.
E si registra anche un generale interesse verso l'innovazione, tendenza che ha spinto il Consorzio a utilizzare miele e altri prodotti apistici per sviluppare linee come gli integratori, le barrette energetiche, le composte dolcificate con il miele di sulla e senza pectina aggiunta o altre novità come il miele con cacao.
In questa strategia si inserisce anche il lancio dei gelati 100% biologici a marchio Cuor di Miele, proposti nei punti vendita NaturaSì, gelati a così detta lista breve d'ingredienti, senza additivi e conservanti, dove l'unico zucchero utilizzato è il miele italiano declinato a seconda dei gusti.
Una linea che ha mostrato un aumento di valore del 22%. E ora l'obiettivo è di ampliare ulteriormente la gamma con prodotti in cui il miele va a sostituire lo zucchero di barbabietola o lo sciroppo di glucosio.
E il presidente Diego Pagani, alla guida del consorzio da dieci anni, si augura che il peggio sia finito dal punto di vista produttivo data anche la lieve ripresa che si è avuta nel 2018.
I problemi tuttavia restano, legati sia al clima che a problematiche specifiche delle api, visto che il numero degli alveari aumenta, ma non la produttività: un alveare cioè produce in media meno di quello che produceva alcuni anni fa.
Un fatto che comporta un aumento del lavoro e degli investimenti necessari con un conseguente calo della redditività delle api, che non è compensata dall'aumento dei prezzi alla produzione.
Ora tra qualche mese il grosso del lavoro tornerà nelle aziende dei 259 soci del Consorzio che, in forma singola e associata, rappresentano oltre 600 produttori, tra cui molti giovani, provenienti da tutta Italia, con all'attivo oltre 100mila alveari.
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Fonte: Conapi