Il settore lattiero caseario bio, nonostante la delicata situazione degli allevamenti in tutta Europa, può contare su prospettive di crescita anche grazie a una dinamica dei consumi positiva. Questa la sintesi dell’analisi condotta da Ismea e che verrà presentata alla prossima edizione della Fiera internazionale del bovino da latte (CremonaFiere, 28-31 ottobre) durante il convegno "Organic livestock: il futuro del comparto tra numeri, politica, regole e mercato" organizzato in collaborazione con l’ente fieristico cremonese e in programma per il 28 ottobre alle 14.30 nella Sala Guarneri.
 
L’Ismea focalizza i numeri e le dimensioni dell’allevamento biologico italiano, proponendo anche una stima del valore alla produzione e analizzando il gap dei prezzi alla stalla tra latte bio e convenzionale. In base ai dati Sinab, Sistema nazionale di informazione sull’agricoltura biologica del ministero per le Politiche agricole, il patrimonio nazionale dei bovini da latte bio, raggiunge oggi circa le 45mila unità, pari al 20% di tutto il bestiame bovino presente negli allevamenti biologici. Riguardo alla produzione di latte, la stima elaborata da Ismea parla, per il 2014, di un quantitativo totale superiore ai 300 milioni di litri per un valore alla produzione di 158milioni di euro, con un premium price riconosciuto alla stalla del 28% superiore a quello destinato al latte convenzionale.
 
Un segnale incoraggiante - sottolinea Ezio Castiglione presidente di Ismea – che marca una netta controtendenza rispetto alla situazione di grave difficoltà in cui versa il settore lattiero caseario convenzionale. L’effetto sinergico della fine delle quote latte, embargo russo e la frenata delle domanda cinese ha compromesso pesantemente le remunerazione alla stalla, richiedendo misure di urgenza a sostegno del settore, come il Piano latte promosso dal ministro Martina. Anche sul fronte dei consumiha precisato Castiglione – il latte e derivati bio hanno chiuso il primo semestre del 2015 con una crescita della spesa di oltre il 4% a fronte dell’andamento negativo delle vendite del lattiero caseario nel suo complesso”.
 
Complessivamente, si evince dall’analisi, gli italiani hanno speso per latte e derivati bio 100 milioni di euro nel 2014. Una cifra destinata a crescere visto il trend positivo degli acquisti anche nei primi sei mesi del 2015. Più nel dettaglio avanza a ritmo particolarmente sostenuto lo yogurt (+10,4%) accanto a variazioni positive ma meno importanti per formaggi e latticini (+2,1%) e latte fresco (+0,7%). L’unico dato negativo riguarda il latte Uht, che risulta il flessione del 4,4%.
 
Dall’indagine Ismea è infine emerso non solo che il consumatore italiano riconosce in media un premium price a yogurt e latte fresco bio, rispetto al convenzionale, rispettivamente del +30% e del +20%, ma che il comparto lattiero-caseario rappresenta la terza categoria bio dietro quella dell’ortofrutta e dei derivati dei cereali, coprendo una quota pari al 10-11% del totale delle referenze biologiche.