Sorpresa, il numero dei bovini nella Ue è aumentato nel 2014 ed è tornato ai livelli del 2010. Ma i connotati del settore sono cambiati in modo sensibile. Ci sono meno capi da carne, scesi di 290mila unità rispetto al 2010, mentre ci sono più vacche da latte. Ed è solo merito loro se il patrimonio bovino è tornato a crescere.

Lo confermano i recenti dati dello Short-Term Outlook reso noto dalla Commissione europea, dal quale si evince che la produzione di carne bovina nel 2014 è aumentata del 2,5%. I maggiori picchi di aumento si sono registrati in Polonia (77mila tonnellate) e in Irlanda (64mila tonnellate). Una tendenza all'aumento nella produzione di carne bovina confermata nei primi mesi del 2015 con percentuali prossime al 5% e con punte di rilievo in Italia e in Polonia. A ben guardarci non è aumentata la produzione, ma è solo la conseguenza di un'impennata nella macellazione delle vacche, nel tentativo di ridurre la produzione di latte per sfuggire alla minaccia delle multe ancora in vigore sino a marzo 2015.
 


Nell'ultima parte dell'anno la produzione europea di carne bovina rientrerà dunque nella normalità, conservando tuttavia una spinta all'aumento grazie al maggior numero di vacche nutrici piuttosto che ad una presenza più cospicua di razze da carne. Come reagirà il mercato di fronte a questa maggiore offerta? Pericolosi ribassi dei prezzi non sono in vista grazie ad una domanda che si mantiene stabile e soprattutto per l'aumento del potenziale di export favorito dall'apertura di nuovi mercati, come quello delle Filippine e dall'aumento delle richieste provenienti da Hong Kong e dai Balcani occidentali. A conferma di questa tendenza si registra l'aumento dell'export di carni bovine, che nei primi tre mesi del 2015 ha segnato un importante +18%. Nel complesso e nonostante l'embargo russo, la previsione per l'export di carni bovine nel 2015 si attesta sulle 225mila tonnellate, con un aumento dell'8,5% rispetto al 2014.

Carni suine
Il comparto suino sembra seguire un trend analogo a quello dei bovini da carne, con uno stop alla chiusura degli allevamenti e al conseguente calo del numero di animali allevati che si era registrato negli ultimi anni. Merito di questa inversione di tendenza, si legge nello Short-Term Outlook, sono i minori costi per l'alimentazione conseguenti al calo del prezzo dei cereali che hanno compensato il continuo flettere dei prezzi di mercato dei suini. A gennaio del 2015, infatti, il prezzo medio dei suini era del 18% inferiore alla media dei prezzi registrata fra il 2010 e il 2014. Così gli allevamenti hanno potuto aumentare il numero di capi presenti (forse anche nel tentativo di non abbassare il fatturato aziendale) e in tutti gli stati membri si è avuto un aumento delle consistenze, in particolare in Spagna (+11,7%) e in Polonia (+6,6%). Il mantenersi dei prezzi sugli attuali bassi livelli potrebbe tuttavia limitare la propensione alla crescita mostrata sin qui dal settore suinicolo.
 


Senza una ripresa dei mercati, le analisi della Commissione prevedono un rallentamento della crescita fra aprile e dicembre del  2015.  I prezzi bassi e un euro più debole sul dollaro potrebbero però aprire nuove opportunità di esportazione per soddisfare la sempre più forte richiesta di carni suine che proviene dall'Asia. Un aiuto in questa direzione potrebbe giungere dalla frenata della suinicoltura brasiliana, uno dei più forti concorrenti delle produzioni comunitarie sui mercati internazionali.

Carni avicole
Come per i suini, anche nel caso delle carni avicole il calo dei costi delle materie prime per l'alimentazione ha favorito una sensibile crescita del settore. Nei primi tre mesi di quest'anno la produzione è infatti cresciuta del 4% rispetto allo stesso periodo del 2014. A guidare i paesi con il ritmo di crescita più elevato figura la Polonia con + 16%, seguita dalla Spagna con +8%, dalla Francia (+4%) e dalla Germania (+2%). In media la produzione di carni avicole nella Ue è cresciuta nel 2014 del 2%, cosa che dovrebbe portare nel 2015 ad un aumento della produzione della carne di pollame per 240.000 tonnellate in più rispetto al 2014.
 


Buone prospettive si presentano anche sul fronte dei mercati internazionali dove l'influenza delle produzioni statunitensi è andata riducendosi a causa della comparsa di alcune malattie come l'influenza aviare. Altro elemento di vantaggio è rappresentato dal deprezzamento dell'euro nei confronti del dollaro, che aumenta la competitività delle produzioni avicole comunitarie sui mercati internazionali. Fattori che hanno consentito nei primi quattro mesi del 2015 di aumentare del 5% le esportazioni di carni avicole comunitarie, nonostante il permanere dell'embargo russo.

Carni ovine
Il 2015 si presenta con il segno più davanti anche nel caso delle carni ovine, che invertono così una tendenza di lungo periodo che sembrava inarrestabile. La produzione comunitaria del settore è cresciuta di oltre il 2%, nonostante i problemi registrati in Spagna, dove la produzione è calata per quasi 7000 tonnellate.
 


Ancora più pesante la situazione italiana con un calo di 10mila tonnellate, prevalentemente a causa degli episodi di Blu Tongue. È in particolare in Romania che si sono registrati gli aumenti più significativi nella produzione di carni ovine, con un incremento di oltre 31 mila tonnellate. Favoriscono questi aumenti alcuni fattori, come i buoni prezzi di mercato, la flessione dei costi di alimentazione insieme ai sostegni accoppiati della nuova Pac adottati per il settore ovino in molti paesi membri.