Il benessere delle galline ovaiole è balzato più volte agli onori della cronaca in questi mesi, dopo l'entrata in vigore, il 3 gennaio di quest'anno, della direttiva comunitaria 74/1999 che ha messo fuori legge le vecchie batterie, da sostituire con altre più ampie o meglio con i sistemi di allevamento a terra. Nonostante siano passati più di dodici anni dalla promulgazione della direttiva, recepita in Italia nove anni fa con il decreto legislativo 267/03, molti allevamenti non sono ancora in regola. Un problema, questo dell'adeguamento degli allevamenti alle nuove regole del benessere, che oltre all'Italia coinvolge molti altri paesi della Ue, come Francia, Spagna e Germania, per citare alcuni dei principali produttori di uova nella Ue. Certo, pensare al lungo tempo trascorso senza dare seguito alle raccomandazioni della Ue in tema di benessere delle ovaiole, può essere oggetto di forti critiche al comportamento degli operatori del settore. Ma non si può sottacere al contempo che l'adeguamento degli allevamenti costerà agli allevatori europei almeno cinque miliardi di euro.

 

Costo in aumento

Per di più produrre un uovo rispettando i nuovi criteri costerà dal 10 al 20% in più. Un maggior costo, anticipava Agronotizie quasi due anni fa, che aumenterà il divario competitivo con le produzioni extra Ue che possono vantare costi inferiori. Un problema acuito dalla entratta in vigore della direttiva sul benessere delle ovaiole, tanto che Copa Cogeca, l’organizzazione che rappresenta la cooperazione europea, ha ritenuto opportuno mettere in guardia sul rischio di un aumento delle importazioni dai paesi terzi, più competitive anche per l'assenza di regole sul benessere delle ovaiole.

 

Il rischio import

E' assurdo che la Ue abbia imposto un divieto ai suoi produttori - ha detto il segretario generale del Copa Cogeca, Pekka Pesonen - ma non abbia previsto alcun vincolo alle importazioni.” Importazioni che stanno aumentando non solo per la competitività del prodotto extra Ue, ma anche per la necessità di coprire i vuoti produttivi lasciati da quegli allevatori  costretti a chiudere o a ridurre il carico di animali per avere la possibilità di adeguare i loro allevamenti con le nuove tecnologie. “Le stesse norme applicate nella Ue - ha sottolineato Pesonen - dovrebbero essere applicate anche alle importazioni.”

 

Senza rete

Gli allevatori di ovaiole devono poi fare i conti non solo con gli aumenti dei costi derivanti dalle nuove regole, ma anche con l’incremento del prezzo dei mangimi, conseguente alle tensioni sul mercato delle materie prime.  Difficoltà che il settore avicolo deve affrontare ricorrendo solo alle proprie forze, non esistendo per questo comparto una Ocm come per altri settori produttivi e nemmeno forme di sostegno o di intervento sul mercato. Il presidente del gruppo di lavoro “Uova e pollame” di Copa Cogeca, Eugene Schaeffer, ha così ritenuto necessario lanciare un appello affinché le stesse norme applicate alla Ue siano estese anche alle importazioni. Un appello dettato dal buon senso, ma che potrebbe trovare forti ostacoli  negli accordi internazionali sul commercio.