Cinque centesimi al chilo, otto euro per un suino di 160 kg. A tanto ammonta la perdita per ogni suino pesante che esce dagli allevamenti italiani. E' quanto emerge dall'analisi condotta dal Crpa (Centro ricerche produzioni animali) presentata in occasione della Rassegna suinicola internazionale di Reggio Emilia. Tutta colpa della crescita dei costi di produzione negli allevamenti a ciclo chiuso, costi che nel 2010 sono aumentati in media del 4,6% rispetto al 2009, in particolare in seguito all’incremento delle spese per l'alimentazione dei suini (+6,6%). Il costo complessivo, rileva il Crpa, si è così portato a 1,36 euro per kg peso vivo, mentre il prezzo medio del suino pesante nel 2010 è rimasto fermo al 2009.

La crescita dei costi non ha risparmiato la produzione dei magroncelli, categoria di suini di circa 35 kg di peso, destinati agli allevamenti da ingrasso. In questo settore si è registrato un + 4,5% dei costi, sospinti in particolare dalla voce alimentazione a sua volta in crescita del 5,3%. Il prezzo medio dei suinetti, stando alle rilevazioni di Anas (Associazione nazionale allevatori suini), nel 2010 è cresciuto in misura modesta (+2,4%), cosa che ha penalizzato gli allevamenti a ciclo chiuso e i produttori di suinetti, ma che ha per contro favorito gli ingrassatori. L'analisi del Crpa evidenzia infatti che quest'ultima categoria ha registrato un aumento dei costi di produzione più contenuto rispetto ai colleghi del ciclo chiuso e del ciclo aperto, con un aumento pari all’1,5%, grazie appunto al contenimento dei prezzi d’acquisto dei magroncelli.

 

Non siamo concorrenziali

Il Crpa evidenzia inoltre come, nei confronti dei principali Paesi europei, i suinicoltori italiani sostengano un costo di produzione superiore mediamente del 19%. Il divario è da attribuire al maggior onere per la produzione del suino pesante rispetto ai suini leggeri europei e ad un livello di efficienza tecnica inferiore degli allevamenti nazionali. I costi di produzione più bassi si rilevano in Danimarca e in Francia con 1,41 e 1,37 euro al kg peso morto rispetto a 1,73 euro al kg dell’Italia. La forte competitività dei produttori suinicoli danesi e francesi è da attribuire all’elevata produttività delle scrofe, che arrivano a produrre 27 suinetti svezzati per scrofa.

Sono “numeri” che devono far riflettere in vista della svolta che la nostra suinicoltura è invitata a prendere affiancando al tradizionale suino pesante la produzione di un suino leggero, da macelleria. La concorrenza del prodotto di importazione, come dimostrano le analisi del Crpa, è molto forte e gli allevatori italiani dovranno dimostrare grandi capacità manageriali per poterla fronteggiare.

 

Attenti all'import

Intanto sul fronte dell'import il 2010 ha fatto registrare per le carni suine un nuovo record. L'Italia ha infatti importato  1,04 milioni di tonnellate, con un incremento del 12,8% rispetto all'anno precedente. L’aumento - spiega il Crpa - riguarda in prevalenza le cosce fresche per la produzione del prosciutto crudo non Dop e del prosciutto cotto (+15% rispetto al 2009). Nel contempo anche l’export dei prodotti lavorati è aumentato in modo significativo (+8,2%). Si tratta per lo più di prosciutti crudi (+7,4%), salami (+13,8%) e mortadella (+15,9%).

I dati emersi dall'analisi del Crpa, in particolare sul fronte dell'importazione, lasciano immaginare concrete possibilità di sviluppo per le produzioni italiane, a condizione che si realizzi una efficace competitività fra prodotto italiano e prodotto di importazione. Molto dipenderà dalla capacità degli allevatori italiani di raggiungere standard produttivi di elevata efficienza. E gli esempi non mancano. Un aiuto potrà poi venire dall'indicazione in etichetta della provenienza delle carni suine. In questi giorni la Ue ha compiuto un passo avanti in questa direzione e una decisione definitiva sarà presa entro la prossima estate, come spiegato in dettaglio anche in questo numero di Agronotizie. Altro fronte sul quale lavorare è quello della distribuzione del reddito lungo la catena del valore. L'analisi del Crpa ha messo in evidenza che nel 2010 i macelli hanno incassato lo 0,2% in più rispetto all'anno precedente. Stabili (nelle perdite) gli allevatori, mentre l’industria di trasformazione ha visto calare le proprie entrate dello 0,2%. Per i dettaglianti, infine, si registra un incremento del fatturato pari allo 0,8%. Un riequilibrio si rende necessario. Per attuarlo sarà indispensabile (e non facile) coinvolgere nelle politiche di settore anche la Gdo, la grande distribuzione organizzata, oggi protagonista indiscussa nel rapporto con il consumatore.