Sistema di controllo assolutamente adatto ai castagneti, che spesso si trovano in areali soggetti a vincoli ambientali molto stringenti, come la zone dei parchi e dove l’utilizzo anche di prodotti chimici come coadiuvanti nella lotta integrata è reso difficile, laddove consentito, dalle asperità del territorio e dalla struttura arborea.
E’ stato questo l’obiettivo del progetto di ricerca Castalea “Protezione delle castagne dai danni causati dai Lepidotteri Tortricidi (Cydia); valutazione della qualità e della sicurezza del prodotto” realizzato in associazione temporanea di scopo dalla Op Castagna Italia (capofila dell’Ats) e dall’azienda agricola Alfonso Garofalo – entrambe di Montella, in provincia di Avellino - e con il decisivo contributo scientifico dell’Istituto di scienza dell’alimentazione di Avellino del Crea - Centro di ricerca per l’agrobiologia e la pedologia di Firenze (Crea-Abp).
I risultati raggiunti, pur interlocutori, sono un primo approccio per portare la lotta con questi nematodi anche nei castagneti contro le cidie, in considerazione del fatto che questo approccio è stato già sperimentato negli ultimi anni anche su altra frutta in guscio e più in generale su altre colture agrarie.
Castalea è un progetto di ricerca che si è avvalso del cofinanziamento del Feasr nell'ambito del Programma di sviluppo rurale della Campania 2007-2013 - Asse IV "Attuazione dell'approccio leader" - mediante il Piano di sviluppo locale del Gruppo di azione locale “Irpinia” che ha lanciato un bando sulla misura 124 “Cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie nei settori agricolo e alimentare e settore forestale”.
Il responsabile scientifico del progetto Castalea è Giuseppino Sabbatini Peverieri del Crea-Apb di Firenze e AgroNotizie gli ha rivolto alcune domande per capire quali passi avanti sono stati fatti in questo innovativo metodo di lotta ecocompatibile. Sabbatini ha risposto insieme ai ricercatori che lo hanno affiancato in questo progetto e che collaborano con lui anche su altri filoni di ricerca in questo settore.
Perché la lotta biologica nei castagneti può puntare sui nematodi entompatogeni?
"Intanto li chiamerei anche mezzi di controllo ecosostenibili e sono molti; tra questi, posso elencare i sistemi biologici (come ad esempio l’utilizzo dei parassitoidi); ci sono poi sistemi biotecnologici (la confusione sessuale ne è un esempio significativo). Infine vi sono i mezzi di lotta microbiologici (quelli che utilizzano funghi e nematodi entomopatogeni).
Diverse esperienze, condotte in agricoltura, hanno già indicato l’impiego dei nematodi entomopatogeni come un percorso di notevole interesse, raccogliendo risultati di rilievo nel controllo degli insetti nocivi che si trovano sia a livello del terreno, sia quelli che infestano i frutti, ad esempio Popillia japonica, la carpocapsa del melo (Cydia pomonella), l’oziorrinco (Otiorhynchus spp.), Hylobius abietis, il balanino del nocciolo (Curculio nucum).
Anche nel settore castanicolo, diverse sperimentazioni hanno fornito interessanti risultati, evidenziando come i nematodi entomopatogeni possano essere applicati nel controllo delle cidie (Pammene fasciana, Cydia fagiglandana e Cydia splendana) e del balanino del castagno (Curculio elephas). Nel contesto del castagno, i nematodi troverebbero la giusta collocazione agendo su cidie e balanino quando questi insetti si trovano nel terreno per lo svernamento".
Come sono fatti e come agiscono i nematodi utili a questi fini di controllo degli insetti nocivi?
"I nematodi sono organismi animali con un corpo sottile, fusiforme e di norma semi-trasparente, con dimensioni piuttosto piccole, in genere 0,3-2 mm. I nematodi sono organismi idrobionti, ovvero necessitano come spazio vitale la presenza di acqua, anche nella forma di sottili pellicole dove potersi muovere e compiere processi vitali. Individuato l’ospite bersaglio, i nematodi penetrano nell’insetto attraverso le aperture naturali. Una volta penetrati nella vittima, i nematodi inducono varie reazioni avverse, che vanno dalla sterilità, alla riduzione della fecondità o al ritardo/alterazione dello sviluppo o causare, come nell’ambito qui in esame, direttamente la morte.
I nematodi entomopatogeni esplicano la loro azione “insetticida” grazie a dei batteri simbionti che ospitano nel loro intestino; questi batteri sono i veri responsabili della morte degli insetti colpiti: una volta liberati nell’emolinfa dell’insetto, i batteri producono tossine ed esoenzimi che uccidono l’ospite trasformandolo in un substrato nutritivo per i nematodi. In genere la morte dell’ospite sopraggiunge rapidamente, nell’arco di 48-72 ore".
Detta così sembra anche fin troppo facile: i vermi armati di batteri fanno fuori le larve degli insetti, che sono nocive per le nostre castagne. Sul piano applicativo ovviamente tutto si complica; l’obiettivo di Castalea è stato quello di definire come possono essere usati i nematodi e quali specie vanno individuate per questa lotta?
"Sì e direi che abbiamo dato un contributo per approfondire l’utilizzo dei nematodi in castagneto.
In particolare, l’applicazione con nematodi entomopatogeni è da intendersi come una lotta biologica inondativa, ovvero alla stregua di un insetticida biologico con impiego annuale.
Infatti, i nematodi entomopatogeni, una volta distribuiti, difficilmente riescono ad insediarsi stabilmente nell’ambiente a causa delle condizioni climatiche fortemente variabili nelle stagioni, come ad esempio in primo luogo la disidratazione dell’habitat (il terreno n.d.r.). I nematodi entomopatogeni più utilizzati nella lotta biologica appartengono ai generi Steinernema e Heterorhabditis, di cui esistono diverse specie impiegabili, a seconda degli insetti nocivi da controllare.
I nematodi entomopatogeni vengono commercializzati in substrati inerti poi da disciogliere in acqua, omogeneizzando e applicando nell’immediato.
Per un loro corretto impiego anche in castagneto contro cidie e balanino, è sempre importante attenersi alle indicazioni fornite dai singoli produttori".
Fin qui sembra di capire che di elementi certi ve ne fossero già, ma una formula compiuta per l’utilizzo dei nematodi in castagneto l’avete messa a punto?
"In parte sì e le posso spiegare quali ulteriori passi si sono fatti grazie al progetto Castalea.
Intanto, esperienze sperimentali svolte in castagneto sugli insetti, cidie e balanino, suggeriscono di osservare alcuni importanti accorgimenti. I nematodi entomopatogeni sono molto sensibili alle condizioni ambientali, in particolare temperature troppo basse, ma soprattutto la disidratazione del terreno, minaccia la sopravvivenza di questi organismi.
Possono essere proposti interventi sia in applicazioni autunnali, che primaverili, ma resta di fondamentale importanza la coincidenza con periodi piovosi, per assicurare la necessaria umidità. La sospensione, preparata con circa 600-800 litri di acqua ad ettaro, deve essere distribuita con una lancia con ugelli non più piccoli di 0,5 mm, utilizzando una pompa ad una pressione non superiore ai 5bar. Inoltre, è necessario rimuovere ogni tipo di filtro. Il prodotto va distribuito in modo più o meno omogeneo, insistendo però maggiormente nei punti dove si accumulano le castagne, indirizzando la distribuzione direttamente verso il terreno (la presenza di una vegetazione erbacea eccessiva potrebbe essere di impedimento al movimento dei nematodi verso gli organismi bersaglio).
La concentrazione da utilizzare in pieno campo in castagneto è ancora oggetto di indagini, tuttavia è utile riferirsi alle indicazioni fornite sulle confezioni commerciali. In prove sperimentali sono state adottate concentrazioni di 1 e di 1,5 miliardi di nematodi per ettaro.
I risultati raccolti in esperienze in laboratorio indicano possibilità di controllo anche oltre il 90%, ma ben diverse sono le evidenze riscontrate poi in campo, dove i fattori che possono vanificare l’intervento di lotta sono molteplici e difficilmente controllabili. Tuttavia si ritiene plausibile poter controllare, mediante questa metodologia, gli insetti infestanti fino ad una riduzione del 50% del danno a seconda dei casi, come emerso da alcune ricerche fatte in campo".
Insomma, un passo è stato fatto, ma cosa manca per avere una ricetta definitiva di questa tipologia di lotta ecosostenibile a cidie e balanino?
"Questa applicazioni di lotta necessita ancora di ulteriori sperimentazioni soprattutto in pieno campo, al fine di mettere a punto le metodologie ottimali di intervento, in particolare la definizione delle specie di nematodi più idonei ai vari casi e la loro concentrazione, probabilmente superiori anche a quanto indicato prima.
Importante è poi intervenire nelle più idonee condizioni climatiche. Al momento, il solo impiego di nematodi non può ovviare completamente alle infestazioni di insetti spermocarpofagi del castagno e pertanto è ragionevole inserire il questo metodo in un programma di lotta integrata, affiancando anche altre misure di controllo.
Tra quest’ultime, i metodi tradizionali di controllo sono ancora oggi proponibili, in particolare nelle realtà produttive rivolte ad una elevata qualità del prodotto.
Un esempio può essere la completa raccolta delle castagne anche quando non economicamente conveniente, perché lasciare delle castagne infestate in terra significa lasciare che le larve poi si interrino liberamente una volta mature, questa azione poi andrebbe svolta su ampi territori castanicoli. Ancora, lo stoccaggio delle castagne su fondi isolati in modo che le larve non possano interrarsi ed essere facilmente eliminate.
Poi sarebbe opportuno eseguire la raccolta delle castagne con cicli frequenti per ridurre al minimo possibile il tempo di permanenza delle castagne in terra e non dare tempo alle larve di uscire dalle castagne e interrarsi".