L’annuncio di Scanavino ha di fatto aperto ufficialmente su tutto il territorio nazionale la fase di mobilitazione della Confederazione, che prevede presidi, sit-in e blocco delle Borse merci nelle maggiori città d’Italia.
“In queste condizioni noi non seminiamo - ha spiegato Scanavino -. Anche perché attualmente gli agricoltori producono grano di qualità ma in perdita (17/18 euro al quintale per il frumento duro, largamente al di sotto dei costi di produzione) e la situazione non può restare questa. L’Italia ha una forte tradizione cerealicola, ma le speculazioni di mercato la stanno spazzando via. Oggi il raccolto di 6 ettari seminati a grano basta appena per pagare i contributi di una famiglia media agricola e oltre il 50% dei contributi Pac servono a coprire le perdite”.
Per far fronte alla crisi del comparto il Mipaaf ha già presentato sei elementi operativi: un fondo da 10 milioni di euro che dovrebbe dare avvio a un organico piano nazionale cerealicolo e sostenere investimenti anche infrastrutturali per valorizzare il grano di qualità 100% italiano; la creazione di una Cun (Commissione unica nazionale) per il grano duro che dovrebbe favorire il dialogo interprofessionale e rendere più trasparente la formazione del prezzo; la conferma degli aiuti accoppiati Pac per il frumento, che equivalgono a circa 70 milioni di euro all'anno fino al 2020; il rafforzamento dei contratti di filiera, che hanno già a quella cerealicola investimenti per 50 milioni e prevedono un budget totale per i nuovi bandi di 400 milioni; la creazione di un marchio unico volontario per grano e prodotti trasformati che dovrebbe dare maggiore valore al grano di qualità certificata. Chiude l’elenco la sperimentazione di un nuovo strumento assicurativo, che dovrebbe garantire i ricavi dei produttori proteggendoli dalle eccessive fluttuazioni di mercato.
Va osservato che già immediatamente dopo l’annuncio del ministro Martina sono seguiti commenti piuttosto eterogenei: positivi da parte di Confagricoltura e dell’Alleanza delle Cooperative agroalimentari, parzialmente positivi da parte di Coldiretti e decisamente negativi da parte di Cia, che ha parlato chiaramente di “risposte parziali e tardive”.
Al di là della supposta inadeguatezza delle misure a medio e lungo termine annunciate, la soluzione individuata dalla Cia per far risalire i prezzi nell’immediato, e chiaramente richiesta al Governo, è quella di una sospensione di due o tre settimane delle importazioni di cereali “così da ridare fiato agli agricoltori in crisi”. A tal scopo è stata consegnata oggi al premier Renzi una lettera da parte della Confederazione.
Secondo la Cia infatti, per il grano si è andata determinando una situazione paradossale, che ha visto l’immissione nel mercato di ingenti quantità di grano importato proprio nel periodo della trebbiatura, provocando il tracollo dei prezzi e aumentando a dismisura il già ampio divario tra costo del frumento e prezzo del pane e della pasta.
In attesa che le azioni annunciate dal governo la scorsa settimana trovino attuazione e i prezzi risalgano, il blocco dell’import dovrebbe consentire lo stoccaggio del grano prodotto e lo svuotamento dei silos.
“Mentre in Italia si registra una produzione straordinaria di 9 milioni di tonnellate di grano, a fronte di una media annua di 7 milioni di tonnellate (+29%) - ha proseguito Scanavino -, gli agricoltori sono costretti a competere con importazioni ‘spregiudicate’ dall’estero (+10% solo nei primi 4 mesi del 2016), da parte di operatori commerciali che stanno svuotando le scorte in condizioni di dumping”.
Secondo il presidente Cia al momento le aziende agricole si trovano a confrontarsi con una vera e propria forma di sfruttamento speculativo estremo portato avanti dal sistema industriale e commerciale, che impone ai produttori condizioni inaccettabili e importa grano per produrre un made in Italy fasullo.
Sotto accusa anche i Consorzi agrari, che invece di stoccare il prodotto in attesa di prezzi più remunerativi, lo immetterebbero sul mercato aumentando la pressione sui prezzi. Questo quando non agiscono direttamente a livello speculativo comprando e rivendendo prodotto.
Oggi 100 chili di frumento valgono quanto 5 chili di pane. Per elidere questo intervallo di valore, definito “intollerabile e contro la logica delle cose”, la Cia propone anche un progetto strutturato di valorizzazione del frumento italiano di qualità, a tutela di produttori e consumatori.
A Roma, accanto al presidente Scanavino, un testimonial del mondo del pane e della pizza made in Italy: il celebre “panettiere” Gabriele Bonci.
“In soli tre anni - ha detto Bonci –, il mio panificio è arrivato dal nulla a produrre 1200 chilogrammi di pane al giorno. Questo seguendo il sano principio della ‘filiera consapevole’ in cui il pane viene prodotto con grano che acquistiamo direttamente dall’agricoltore e pagandolo il giusto prezzo, ma anche eliminando gli sprechi tipici della grande distribuzione”.
La valorizzazione dei grani italiani, antichi e non, - secondo Bonci - deve partire da noi tutti e scardinare un sistema ormai divenuto insostenibile.