Nella scorsa annata, in tutta l’area dell’Oi pomodoro da industria Nord Italia, sono state trasformate 2.3 milioni di tonnellate di materia prima, rispettando la programmazione prevista anche se le anomale situazioni climatiche, con piogge e basse temperature estive, hanno comportato disagi. Le rese per ettaro, 65.07 tonnellate di media, sono state inferiori alle attese ed ai risultati medi degli anni precedenti, ma il livello qualitativo comunque è rimasto abbastanza buono (il grado brix in media è stato di 4.61 contro il 4.91 della media triennale).
“Gli agricoltori hanno dimostrato di saper fare molto bene anche in condizioni non ottimali – spiega Giovanni Lambertini, presidente della sezione di prodotto regionale del pomodoro da industria di Confagricoltura Emilia-Romagna – la trattativa in corso per l’accordo quadro ne deve tenere conto. La situazione è piuttosto complessa, ma il settore può e deve far pesare il valore dell’aggregazione e della trasparenza della filiera”.
L'Italia ha deciso di stanziare un aiuto accoppiato per gli ettari di pomodoro che sarà al massimo di 160 euro (la cifra sarà inversamente proporzionale agli ettari coltivati), contro i 220 della Spagna, i 600 della Grecia ed i 1.300 della Francia.
“A fronte di un sostegno così debole - sottolineano congiuntamente i presidenti di Confagricoltura Parma e Piacenza, Monica Venturini ed Enrico Chiesa - dobbiamo usare tutte le nostre armi per rimanere competitivi. Bene quindi che il distretto del pomodoro del Nord, interprofessione riconosciuta a livello europeo, voglia, nel prossimo triennio lavorare sull’armonizzazione dei disciplinari di produzione integrata, rafforzare l’attività di ricerca e soprattutto quella di coordinamento della filiera. Tuttavia, in questa fase, chiediamo all’industria di trasformazione ed alle organizzazioni di produttori che conducono la trattativa un atto di responsabilità nei confronti di tutta la filiera".
Preoccupano, infatti, gli obiettivi inizialmente proposti dalle industrie che, se confermati e non governati dalle organizzazioni di produttori, rischiano di andare oltre la capacità stessa di trasformazione del comprensorio, con tutte le conseguenze che potrebbero derivare da un eccesso di offerta.
“Non ultimo – conclude Lambertini – occorre riscrivere, condividere e fissare una volta per tutte le modalità di valutazione qualitativa del prodotto, annosa questione mai seriamente affrontata e troppo spesso usata strumentalmente, in corso di campagna, per introdurre elementi di flessibilità sulla determinazione del prezzo, tutti a carico dei produttori che, con il prodotto in campo, non possono a quel punto che accettare impotenti il cambio delle carte in tavola. Se vogliamo che l’intera filiera funzioni, ciò non deve più accadere ed è ora il momento di stabilirlo chiaramente”.
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Fonte: Confagricoltura Piacenza