E poi è continuata, intramezzata tra l'altro dalle gelate tardive. Così ora si inizia a parlare di calamità.
La zona più colpita rimane la Maremma, ma gli effetti della mancanza d'acqua sono sono ben visibili su tutto il territorio regionale.
Gli agricoltori hanno già chiesto alla regione di attivare misure di aiuto analoghe a quelle messe in atto per le gelate, come riporta Confagricoltura.
Preoccupa soprattutto il comparto cerealicolo, già provato dal crollo dei prezzi degli ultimi anni, come sottolinea Francesco Miari Fulcis, presidente di Confagricoltura Toscana, che paventa anche il rischio dell'abbandono.
Ma la mancanza d'acqua tocca in maniera diretta e indiretta anche la zootecnia. Le api infatti stanno bloccando lo sviluppo delle colonie, oltre ovviamente alla produzione di miele, per la mancanza di nettare. Quindi oltre alla perdita di produzione si devono aggiungere i costi di nutrizioni di emergenza per non mandare in crisi gli alveari.
Per gli allevamenti da carne e da latte invece a preoccupare sono le colture foraggere sia da fieno che da granella, già provate dalla siccità e che per quanto riguarda l'erba medica si sono già registrate le prime perdite di prodotto.
In pericolo anche le coltivazioni di pomodoro da industria, altra coltura di rilievo soprattutto del Centro-Sud delle regione.
In Val di Cornia, in provincia di Livorno, se non arrivano precipitazioni presto mancherà l'acqua per uso agricolo, come riferisce la Cia.
A rischio oltre 700mila euro di investimenti solo per questa coltura e in questa zona, senza contare le altre colture ortive di pieno campo tipiche della zona come meloni, cocomeri e zucchine.
Come ribadisce Cinzia Pagni, presidente di Cia Livorno, la problematica dell'approvvigionamento idrico è in discussione da tempo e ora è necessario pianificare investimenti per garantire la disponibilità d'acqua.
Una delle proposte è l'uso agricolo delle acque reflue depurate recuperate della zona industriale della Val di Cornia. Acque che prima erano utilizzate dalle acciaierie Lucchini di Piombino, ma che ora, con la chiusura dello stabilimento, vanno direttamente in mare.
Secondo l'associazione di categoria a impedire l'uso di queste acque sono una serie di complicanze burocratiche che ora è opportuno che siano superate al più presto.