Nuova settimana, nuovo report. La rubrica sui costi di produzione non si ferma e focalizza oggi l'attenzione sui kaki. Con l'essenziale contributo tecnico del professor Francesco Rinaldi Ceroni, abbiamo preso come esempio un ettaro di kaki, varietà “Loto di Romagna”, coltivato nel comprensorio di Faenza, allevato a Palmetta con sesti d'impianto di m. 4,5 tra le fila e m.4 sulla fila, con una densità teorica di 555 piante per ettaro.

Per la coltura del kaki il 2015 sembra promettere bene, anche grazie a condizioni climatiche positive. Anche le quotazioni sembrano poter garantire ai produttori un reddito netto positivo.

Andiamo però a vedere i costi di produzione per tipi di imprenditore. Stimando una produzione media per ettaro di 260 quintali, in un intervallo tra i 200 e i 300 quintali per ettaro, l'imprenditore astratto (imprenditore puro) spende 49 centesimi per produrre un chilo di kaki. Passando invece ai due casi più interessanti, riguardanti l'imprenditore reale, l'azienda in economia ha un costo di 43 centesimi al chilo, mentre il coltivatore diretto riesce a comprimere il proprio esborso fino ai 24 centesimi. Fra gli aspetti positivi del kaki ci sono i costi molto bassi per i trattamenti e per la potatura
 

Partendo dal presupposto che questi costi sono riferiti all'annata agraria 2014, con poche variazioni da un anno all'altro, in buone annate, come si prospetta quella del 2015, il kaki garantisce un buon margine di guadagno per il produttore, specialmente se si tratta di un coltivatore diretto proprietario. Condizioni necessarie per una produzione di buon livello qualitatitivo, occorre un terreno quindi ricco di acqua e un clima mite.

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