Tale eccezione è stata ritenuta fondata dal Tar Sicilia che, con ordinanza n. 155 del 2013, ha disposto la trasmissione degli atti alla Consulta perché si pronunciasse sul punto. Il Consorzio si è quindi costituito davanti alla Consulta con memoria difensiva con la quale l’avvocato Gambuzza ha illustrato i diversi profili di incostituzionalità della legge regionale rispetto alla legge nazionale, la legge n. 394 del 1991. Il legale, partecipando all’udienza pubblica tenutasi il 24 giugno scorso, ha ribadito che la legge regionale “prevede quale unica forma di partecipazione dei comuni al procedimento di istituzione delle riserve naturali regionali la possibilità di formulare osservazioni nei confronti della proposta di piano regionale dei parchi e delle riserve naturali. Il diritto di partecipazione introdotto dalla legge Quadro nazionale n. 394 del 1991 in favore degli enti locali, viceversa, ha ad oggetto il procedimento di istituzione della singola area protetta e si realizza anche mediante lo svolgimento di conferenze per la redazione di un documento di indirizzo che abbia ad oggetto i diversi aspetti naturalistici, economici e sociali coinvolti dalla istituzione della riserva”.
Nella motivazione della sentenza, la Corte Costituzionale ha ritenuto fondate le doglianze sollevate dal Consorzio di tutela con riferimento agli articoli 6 e 28 della l.r.98 del 1981, in quanto in entrambi i casi, sono previste forme di partecipazione “di gran lunga meno garantistiche di quelle statali in tema di partecipazione degli enti territoriali locali al procedimento di istituzione delle aree naturali regionali protette: l’unico e limitato segmento 'consultivo' è previsto, infatti, genericamente e indistintamente, a favore di figure soggettive prive di qualsiasi caratterizzazione 'individualizzante' e in riferimento alla mera facoltà di ‘presentare osservazioni’; non già, peraltro, in relazione al provvedimento istitutivo di una determinata area protetta, ma solo alla pubblicazione della proposta di piano regionale dei parchi e delle riserve naturali”.
La Corte quindi ha concluso: “Le disposizioni qui in esame, pertanto, omettendo di assicurare, in particolare ai Comuni, la possibilità di rappresentare sul piano procedimentale, secondo le opportune forme, i molteplici interessi delle relative comunità, risultano in contrasto con i parametri evocati e vanno dichiarate, in parte qua, costituzionalmente illegittime”.
“La sentenza dimostra come l’azione che il Consorzio in questi anni ha portato avanti sia fondata e ragionata- spiega il presidente del Consorzio Sebastiano Fortunato-. La nostra azione in difesa del territorio è stata fondamentale per il riconoscimento ricevuto dalla Corte Costituzionale”. Il direttore Salvatore Chiaramida ha dichiarato: “Con questo risultato ottenuto il Consorzio ribadisce la sua importanza strategica non solo a tutela della indicazione geografica protetta riconosciuta, ma soprattutto a difesa dei tanti produttori che operano nel comprensorio delimitato e delle loro famiglie che vivono da sempre e solo di agricoltura. Il Consorzio non è contro l'istituzione delle riserve per partito preso. Ma contro il modo barbaro di prendere decisioni dall'alto, in maniera non concertata, senza tenere conto in alcun modo dei legittimi interessi di tanti produttori e delle loro famiglie che comunque già da anni applicano delle tecniche a basso impatto ambientale rispettose del territorio in cui operano”.
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