Era il 2014, di lì a un anno le quote latte sarebbero state abolite e gli allevatori europei, prossimi a essere liberati dai vincoli, stavano già producendo più latte.
Nel frattempo la domanda dei consumatori era in flessione e sul mercato internazionale pesava l'embargo russo.
Risultato, una pesante crisi del settore lattiero-caseario dalla quale sarebbe stato difficile uscire senza l'intervento della Ue.

Così presero il via nel 2015 e negli anni a seguire una serie di interventi comunitari per ridare tonicità al mercato.
Da una parte incentivi agli allevatori per ridurre la spinta produttiva e dall'altra sostegni alle aziende in difficoltà. Ma decisiva è stata la scelta di aprire gli stoccaggi pubblici e privati di latte in polvere e formaggi.

Il risultato finale ha visto confluire nei magazzini di stoccaggio 380mila tonnellate di latte in polvere acquistati dalla Commissione europea per alleggerire il mercato.
 

Parola d'ordine, prudenza

La crisi del latte si era arrestata, ma occorreva prudenza nel reimmettere sul mercato questa "montagna" di latte in polvere, per non rischiare una nuova caduta dei prezzi.

Si è così proceduto con attenzione, attendendo i momenti migliori per la cessione delle scorte accumulate, iniziata solo a partire dal 2016 e con quantitativi ridotti.

A gennaio del 2019 sono state infine vendute le ultime partite di latte in polvere ancora nei magazzini comunitari. In pratica l'intero ammontare del latte all'intervento è tornato sul mercato.
 

Operazione di successo

Un'operazione di successo, come ha tenuto a sottolineare il commissario per l'Agricoltura e lo sviluppo rurale Phil Hogan.
"L'ultima partita di latte in polvere avviata sul mercato – ha commentato Hogan – ha seguito i criteri prudenziali che hanno ispirato la gestione degli stock di latte in polvere".

"In ogni fase l'obiettivo dell'intervento pubblico è stato quello di salvaguardare i redditi degli allevatori e con questo spirito sono state respinte in questi anni le richieste di quanti invocavano un più rapido azzeramento degli ammassi, proponendone in qualche caso persino la loro distruzione.
Un approccio prudente che ha salvaguardato sia il reddito degli allevatori sia gli interessi dei cittadini, dimostrando l'efficacia dell'intervento pubblico quando utilizzato in modo responsabile
".

"L'intervento della Commissione per il settore lattiero-caseario è poi un'ulteriore testimonianza della presenza delle istituzioni europee a sostegno degli agricoltori quando le circostanze lo richiedono.
Al contempo una dimostrazione dell'efficace rete di sicurezza che la politica comune europea dispone in caso di turbative di mercato
".
 

Scorte azzerate

La procedura per la cessione delle partite di latte in polvere è avvenuta seguendo criteri di piena trasparenza in tutte le fasi attraverso il portale dell'Osservatorio del mercato del latte.

Dopo la cessione delle oltre 18mila tonnellate avvenuta in questi ultimi giorni, le scorte sono ora ridotte ad appena 4mila tonnellate, circa l'1% rispetto alle iniziali 380mila tonnellate.
A due anni dalle procedure di cessione degli ammassi, il prezzo medio del latte nella Ue è passato dai 26 euro al quintale iniziali agli attuali 36 euro al quintale.
 

E prezzi aumentano

Interessante poi notare l'andamento del latte spot, quello venduto fuori contratto.
Le ultime rilevazioni sula piazza di Lodi, mercato di riferimento per questa tipologia di prodotto, indicano al 28 gennaio 2019 quotazioni di 42,875 euro per quintale. Una crescita del 3,6% rispetto alla settimana precedente.
Significativo il confronto con lo stesso periodo dell'anno precedente, che fa segnare oggi un aumento del 22,1%.

Una crescita, questa del latte spot, che non si ferma alla produzione italiana. Come evidenziato nelle analisi messe a disposizione da Assolatte, aumenti persino superiori si registrano per il latte spot di provenienza francese (49,5% di aumento) e per quello tedesco (più 42,1%).
 

Mercato e tendenze

Come affermato in alcune occasioni dai vertici della stessa Assolatte, il prezzo del latte spot non fa mercato e non può essere preso a riferimento per fissare il prezzo dei contratti di cessione fra allevatori e industrie.

Affermazione condivisibile. Ma è tuttavia l'indicatore di una tendenza della quale tenere conto in sede di trattative.