L'estate è da sempre un periodo “difficile” per i conigli. I consumi di carne tendono a calare mentre la produzione, favorita dalla migliore fertilità degli animali nel periodo primaverile, resta “abbondante”. E i mercati reagiscono nel modo più classico, con una flessione dei prezzi che si fa più pesante con l'avanzare della stagione, raggiungendo il picco negativo in luglio. Una ciclicità che la dice lunga sulla scarsa aggregazione del settore, incapace di darsi indirizzi produttivi che non prestino il fianco a questi alti e bassi del mercato assai penalizzanti. E che lasciano spazio ad eventuali “manovre” da parte di chi ha interesse a deprimere il prezzo, magari aprendo i rubinetti dell'import più del necessario. Da sempre gli allevatori vanno denunciando queste “storture” del mercato, avanzando al contempo la richiesta di strumenti di verifica e trasparenza sulla definizione del prezzo. Appelli che sono stati raccolti istituendo la Cun, la Commissione unica nazionale che sull'esempio di quanto già realizzato in campo suinicolo avrebbe dovuto risolvere il problema. Ma così non è avvenuto. La Cun ha iniziato la sua attività giusto un anno fa, nell'agosto del 2012, dopo una “gestazione” di quasi 24 mesi.
Crollo dei prezzi
Ma eccoci a luglio di nuovo con una flessione dei prezzi persino più importante degli anni precedenti. L'ultimo listino, quello del 26 luglio, si è fermato per i conigli leggeri ad una media di 1,44 euro al chilo. Meno persino dei “miserabili” 1,50 euro che la borsa merci di Verona quotava 12 mesi fa. Il Cun, dunque, non ha mutato lo scenario. E ancora una volta gli allevatori alzano la voce per lamentare le speculazioni che pesano sulle loro spalle. Nei primi giorni di luglio, come riferito da Agronotizie, il problema è approdato al Senato con una mozione destinata nelle intenzioni a portare all'attenzione del Governo le difficoltà del settore. Occorre un forte dose di ottimismo per immaginare l'Aula pronta a discutere di mercato dei conigli. E infatti nulla è accaduto e intanto le quotazioni, rispetto ai primi di luglio, hanno perso altri centesimi. Ora anche Anlac (Associazione nazionale liberi allevatori di conigli), che da tempo denuncia la mancanza di trasparenza nelle contrattazioni, ha di nuovo affidato ad un suo comunicato il compito di lamentare le anomalie che si celano dietro la definizione del prezzo dei conigli. Emblematico, sostiene Anlac, che ci sia una forte richiesta di prodotto, inevasa da parte dei macellatori piemontesi. “L'azione di vigilanza della Cun - ha sottolineato il presidente di Anlac, Saverio De Bonis - è praticamente inesistente e nessuno ha chiesto l'intervento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, cui la legge ha assegnato il compito di accertare le violazioni all'articolo 62”. Perché le vendite sotto costo, è bene ricordarlo, sono regolamentate da questo articolo e nel caso dei conigli il costo di produzione sfiora i due euro al chilo, assai più di quanto il mercato oggi riconosca.
Cosa accadrà
Ora che succederà? Ancora 30 giorni e con la fine di agosto i prezzi dei conigli torneranno lentamente a salire e così, pur fra qualche oscillazione, continueranno sino a dicembre, per raggiungere il picco massimo. Nessuna capacità divinatoria in queste previsioni. Solo l'esame dell'andamento di mercato degli anni passati. E con la prossima estate un altro crollo, che farà seguito a quello di inizio inverno. Rompere questo schema “diabolico” non è cosa da Cun, o da mozione parlamentare e nemmeno da articolo 62. Gli unici che potrebbero riuscire nell'impresa sono gli allevatori, che dovrebbero pilotare le loro produzioni prevedendo e contrastando questa inutile ciclicità. Ma bisogna sapersi organizzare. Un compito che gli allevatori di conigli, da sempre, non sembrano in grado di realizzare. Macellatori e industrie di trasformazione ringraziano.