Il ruggito del coniglio questa volta rischia di essere un rantolo di agonia. Il comparto cunicolo è alle prese con alcune problematiche irrisolte, che in verità sono andate acuendosi, nel periodo estivo dove tradizionalmente il mercato si complica.
A riassumere le questioni ancora sospese ci pensa Simone Mazzoni, allevatore di Casteldario (Mantova), e rappresentante degli allevatori in quota Confagricoltura nella Cun, la Commissione unica nazionale dei conigli.

“Anche oggi allevatori, macellatori e mangimisti si sono riuniti al ministero delle Politiche agricole – afferma Mazzoni – perché siamo alle prese con costi di produzione superiori ai prezzi di mercato. Parliamo di listini fermi a 1,56 euro/kg, quando il costo di produzione oscilla tra 1,85 e 1,95 €/kg”.
Basterebbe già uno sbilanciamento del genere per compromettere gli equilibri della filiera, ma altre variabili impazzite stanno affossando il settore, al punto che il Movimento 5 Stelle ha depositato in Senato una mozione per impegnare il governo su punti precisi.
“Parliamo di un prodotto apprezzato dal consumatore – prosegue Mazzoni – e di un settore che presenta numeri rilevanti, se teniamo conto che ogni settimana in Italia si macellano 600mila capi”.
Eppure, i prezzi non remunerativi, l’articolo 62 che impone il pagamento dei mangimi a 60 giorni (“quando soprattutto d’estate servirebbero margini superiori, fino a 90-100 giorni, per non soffrire”, dice Mazzoni), e soprattutto i problemi vissuti dalla Cun, stanno per infliggere un colpo mortale.

Già, la Cun, schiacciata da una sovrapposizione che suona come una rivalità delle borse merci provinciali, per quanto alcune siano prestigiose. “Ma come è possibile – si chiede Mazzoni – istituire una Commissione unica nazionale per indicare un prezzo da applicarsi alle transazioni e mantenere allo stesso tempo in vita la Borsa merci di Verona, Padova, Cuneo e Forlì, tutte legittimate, sia chiaro, ma talvolta con gli stessi commissari che poi si battono per un prezzo, a volte diverso, alla Cun”.

Busillis sui quali è intervenuto il M5S, con una mozione articolata e con la speranza – anticipa il senatore Luigi Gaetti, vice presidente della Commissione Agricoltura al Senato “di portare all’attenzione del governo sia il grave momento di difficoltà che sta vivendo il mercato dei conigli che, appunto, le disfunzioni della Cun e i meccanismi delle Borse merci, regolati da leggi e regi decreti che hanno quasi un secolo di vita”.
Per il sen. Gaetti, in particolare, “si potrebbe stabilire come regola che le quotazioni debbano partire da un prezzo minimo, equivalente ai costi di produzione che un allevatore deve sostenere. Anche perché la filiera cunicola è costituita da una miriade di allevamenti medio-piccoli, molto presenti al Sud, caratterizzati da una gestione famigliare. Lasciarli eccessivamente esposti alla volatilità del mercato significa compromettere il tessuto sociale ed economico della cunicoltura”.

Contro invece l’invasione di carne cunicola proveniente dall’estero (soprattutto dalla Francia), Gaetti incita ad accelerare verso l’etichettatura delle carni, “per evitare che entrino parti indistinte dell’animale, che una volta in Italia non si sa più da dove arriva”.

La Cun conigli: problemi già vissuti dalla Cun suini
In buona parte le incognite e i problemi vissuti dalla Cun conigli (che ha sede a Verona) coincidono con quelli della Commissione unica nazionale dei suini. Problemi di scarsa trasparenza, di mancanza di dati oggettivi, di transazioni impossibili da rilevare, di sovrapposizioni di commissari su più tavoli. Cose già viste.
Ecco che Lorenzo Fontanesi, presidente di Opas e Unapros, componente supplente della Cun suini grassi da macello di stanza a Mantova, dà qualche suggerimento ai colleghi allevatori di conigli. “È noto che dalla rilevazione del prezzo di 20 anni fa, in un regime di libero mercato, lentamente si è passati alla formazione dei prezzi, in base a degli andamenti basati su contratti annuali e non su dati oggettivi – premette Fontanesi -. La Cun suini nacque con l’obiettivo di ridurre i non quotati, che per la coniglicoltura non costituiscono un problema, per il fatto che non si verificano”.

Oggi, nella Commissione unica nazionale dei suini grassi da macello tale sforzo è stato parzialmente raggiunto, grazie alla previsione di otto non quotati nel corso dell’anno. “Però non abbiamo dati oggettivi per individuare un prezzo e abbiamo solo dati soggettivi e non oggettivi”.
Unapros, proprio pochi giorni fa, ha incontrato i vertici di Borsa merci telematica italiana, per siglare un protocollo d’intesa e trattare sulla piattaforma di Bmti il 30% dei suini prodotti dagli allevatori aderenti all’associazione di op (circa 450mila maiali, ndr).
“Suggerisco anche alla filiera cunicola di servirsi della contrattazione telematica – dice Fontanesi – che consente di trattare i capi con operazioni reali, oggettive e trasparenti. Potrebbe essere un passo in avanti interessante”.