Dall'analisi sui costi del latte “alla stalla” nella provincia bergamasca, promossa dall’Osservatorio economico di Confai Academy su un campione di 25 allevamenti di pianura emerge un comparto del latte in forte crisi a causa del preoccupante tasso di crescita dei costi di produzione.

L’indagine è stata condotta prevalentemente sui soci di Abia, l’associazione bergamasca delle imprese agromeccaniche e agricole, in concomitanza con le analisi di bilancio effettuate, come di consueto, nel periodo delle dichiarazioni dei redditi. Il focus dell’inchiesta ha riguardato esclusivamente aziende di pianura nella categoria fino a 150 vacche da latte.
La situazione del comparto latte nella nostra provincia si fa sempre più difficile – commenta Leonardo Bolis, presidente bergamasco e nazionale dei contoterzisti agrari –: i ricavi della maggior parte delle aziende non riescono neppure a coprire i costi, registrando perdite che vanno ad accrescere l’indebitamento e ad erodere il capitale”.

Secondo Confai Academy, nel 2012 produrre un chilogrammo di latte in Bergamasca è costato in media agli allevatori 45,3 centesimi di euro a fronte dei 41 centesimi del 2011, con un aumento di oltre il 10,4%. Rapportato alla produzione complessiva di latte della pianura, in valore assoluto si stima un aggravio per oltre 11 milioni di euro di costi aggiuntivi sopportati da meno di 500 allevamenti. “L’aumento medio dei costi per ogni allevamento bergamasco nel 2012 rispetto al 2011 – sintetizza Enzo Cattaneo, direttore di Abia e segretario generale di Confai Academy - è valutato in 24.800 euro. Tale importo si abbassa se si considerano allevamenti di grandi dimensioni, in grado di beneficiare di più rilevanti economie di scala: una categoria sulla quale ci riserviamo di svolgere prossimamente un’analisi specifica”.
Quel che è certo è che nella provincia di Bergamo nel 2012 gli allevatori hanno prodotto in perdita, se consideriamo che il prezzo del latte pagato alla stalla non ha mai superato il livello medio dei costi, neppure prendendo a riferimento alcune delle quotazioni del cosiddetto latte “spot”, ovvero del latte commercializzato al di fuori dei normali contratti di fornitura.

Innanzitutto sono aumentati i costi per l’alimentazione, a partire da mais e soia, che si sono aggiunti agli incrementi dei costi energetici: in particolare, nel biennio 2011-2012 il prezzo del gasolio agricolo ha fatto registrare un aumento di oltre il 40%. Nel 2012 sono aumentati gli oneri fiscali a causa dell’introduzione dell’Imu. Nell’analisi non è stato peraltro contabilizzato sul versante dei costi l’apporto della manodopera familiare non dipendente, ovvero il lavoro di titolari e contitolari.