Si è chiuso con il segno più davanti il 2011 per gli allevatori si suini, che hanno potuto (finalmente) beneficiare di un aumento dei prezzi di mercato. Lo evidenzia una nota dell'Anas, l'associazione nazionale allevatori suini, che indica in un + 15,6% l'incremento del prezzo medio dei suini pesanti, prezzo che si è collocato poco sopra 1,4 euro al chilo per i suini di 160 e oltre chilogrammi destinati al circuito Dop. Incrementi significativi si sono registrati anche per le altre categorie produttive. A guidare la crescita delle quotazioni è la sensibile riduzione del numero di animali in allevamento. Stremati dalla crisi che si è protratta per oltre due anni, molti allevamenti hanno chiuso ed altri hanno ridotto il numero di animali per limitare i danni di una produzione sotto costo. Rispetto all'anno precedente il 2011 si è chiuso con una riduzione del 5,2% dei capi in allevamento, fermi a 12,3 milioni di soggetti. Riduzione degli animali allevati e minore disponibilità di capi per la macellazione, che è calata del 3,2%, rimpiazzata però da un sensibile aumento delle importazioni di suini (+28,3%) e di carni suine (+3,2%).

 

Costi in aumento e consumi in calo

Nel frattempo l'aumento dei costi di produzione e in particolare dei mangimi si è portato via una fetta significativa del migliore andamento dei corsi di mercato, mentre l'adeguamento alle norme sul benessere minaccia di compromettere ancor più il difficile equilibrio fra costi e ricavi. A complicare il quadro è l'andamento dei consumi, che anche nel corso del 2011 ha segnato qualche cedimento, con una flessione dell'1,6% negli acquisti di carni suine.

 

Il pericolo

Sullo sfondo di questo scenario resta il pericolo di una spinta alla produzione innescata dal momentaneo aumento dei prezzi di mercato. Lo ha messo in evidenza in occasione di Fieragricola il direttore del Crefis (Centro ricerche delle filiere suinicole), Gabriele Canali, ricordando che una risalita incontrollata della produzione suinicola nel corso dell'anno avrebbe inevitabilmente ripercussioni negative sull'andamento dei mercati. E l'aumento dell'offerta difficilmente potrebbe trovare sfogo nelle esportazioni. “Le potenzialità di esportazione di carni suine - ha affermato Canali - sono condizionate dalla persistente impossibilità per il nostro Paese di dichiararsi esente dalle principali patologie che interessano il settore.”

 

I rischi

I “numeri” della suinicoltura nel 2011, sottolinea in conclusione Anas, confermano lo stato di sofferenza del comparto, il che porta alla chiusura di altri allevamenti e alla diminuzione del numero di scrofe allevate. La conseguenza è una maggiore dipendenza dall'estero per i nostri approvvigionamenti, ma ancor peggio la possibile perdita di una parte di quel patrimonio di eccellenze rappresentato dall'insieme delle produzioni tipiche che hanno nel suino pesante un'ineguagliabile fonte di materia prima.