Nell’ultimo decennio la zootecnia da latte e quella da carne hanno conosciuto una netta razionalizzazione che ha portato i settori a livelli comparabili a quelli dei partner europei più avanzati; il suo ruolo è importante per la valorizzazione della produzione e la tutela dei produttori associati, ma ci sono ulteriori margini di crescita. Le dimensioni medie del fatturato per entrambi i comparti pur avendo raggiunto quote di tutto rispetto presentano numeri ancora inferiori a quelli registrati in Francia, Germania ed altri competitors europei. E' quanto emerge dallo scenario presentato da Nomisma, basato sull’analisi dei dati dell’Osservatorio nazionale sulla Cooperazione agricola, all’Assemblea nazionale dei Settori lattiero-caseario e zootecnico di Fedagri-Confcooperative.

Sono sempre più numerosi i marchi delle cooperative, conosciuti ed apprezzati dai consumatori per la qualità dei prodotti.

La quota di fatturato oggi attribuibile all’export per il settore lattiero-caseario è pari al 20%, per quello della carne scende al 10%, rispetto ad una media della cooperazione italiana del 30%; una media tuttavia significativa se si considera che  per latte e carni l’Italia ha una produzione deficitaria rispetto al fabbisogno interno.

In quella lattiero-casearia, il ricorso all’intermediazione è più intenso rispetto alla cooperazione da carne (28,6% rispetto al 18%), superiore anche il ricorso all’Horeca (10,8% contro il 5,8%). Viceversa, nella cooperazione da carne il ricorso al dettaglio è molto superiore (19,2% contro 7,9%). Molte aziende si servono delle vendita diretta, tuttavia il peso di questo canale sul totale delle vendite è complessivamente ridotto, mentre circa un terzo dei prodotti di entrami i settori transita attraverso la Gdo.