La suinicoltura italiana è in profonda crisi. Lo ha riconosciuto il ministro dell’Agricoltura Giancarlo Galan intervenendo all’audizione presso la commissione Agricoltura della Camera. E in quella occasione si è detto pronto ad aprire un tavolo di confronto con la filiera suinicola. Ma che le cose vadano davvero male per i suinicoltori lo aveva anticipato ancor prima il presidente dell’Anas, Giandomenico Gusmaroli, che ad un affollato convegno dove ci si interrogava sul futuro del settore ha puntato il dito contro le molte distorsioni del settore. Una per tutte, ogni tre prosciutti che entrano nelle case degli italiani, due sono d’importazione. A rincarare la dose arriva ora Unapros, l’Unione nazionale tra le OP suinicole, in allarme per la flessione del prezzo dei suini pesanti che si è registrata al Cun (Commissione unica nazionale di Reggio Emilia). Il presidente di Unapros, Silvano Menozzi, ha criticato l’atteggiamento delle industrie di macellazione che avrebbero guidato l’incontro con l’intento, poi raggiunto, di pilotare le quotazioni verso il ribasso. Il prezzo è così sceso di 6 centesimi al chilo, che per gli allevatori si traduce un mancato introito di 10 euro per ogni suino. Mentre le industrie di trasformazione avranno un beneficio, sostiene Unapros, di almeno due milioni di euro, visto che il Cun esprime una quotazione che riguarda ben 200mila suini.

 

Cun e crisi

E pensare che quando il Mipaaf, nel giugno del 2008, siglava l’accordo con i protagonisti della filiera suinicola per la realizzazione del Cun, aveva come obiettivo quello di istituire un mercato unico nazionale che potesse tutelare e rendere trasparente il mercato dei suinetti, dei suini da macello e dei tagli di carne suina fresca. L’obiettivo non sembra essere stato centrato. Come non è ancora attivo il modello condiviso di valutazione delle carcasse, che faceva parte dello stesso protocollo di intesa con il quale si istituiva il Cun e si voleva fronteggiare la crisi suinicola. Per non parlare degli strumenti di programmazione dell’offerta che avrebbero dovuto allineare produzione e consumi. Ancora oggi il mercato soffre per un eccesso di prosciutti che denuncia il fallimento anche di questo progetto. Solo il Dop delle carni targate Gran Suino Padano si era dimostrato vincente grazie all’apprezzamento dei consumatori. Ma da Bruxelles è arrivato l’altolà. Dop non si può, al massimo Igp. Ma non è la stessa cosa.
A questo punto è urgente aprire il tavolo di crisi per il settore suinicolo. Ma Galan, strattonato fra quote latte e Ocm ortofrutta avrà tempo per i suini? Meglio ricordargli che questo settore vale almeno 2,36 miliardi di euro. E non può essere trascurato.