"Lo scenario in cui il comparto della carne bovina si sta muovendo, credo porti ad una riflessione generale sull'agroalimentare italiano, che è un caposaldo di una logica di benessere, sicurezza e sostenibilità ambientale. Ma proprio per questo necessita della dovuta attenzione, soprattutto per quanto riguarda il settore primario e oltre gli aspetti misurabili dati dai numeri di mercato".

Così, in un'intervista rilasciata a Veronafiere, in vista di Eurocarne - il Salone internazionale delle tecnologie per la lavorazione, conservazione, refrigerazione e distribuzione delle carni in programma a Veronafiere dal 21 al 24 maggio di quest'anno, organizzato in collaborazione con Ipack-Ima Spa Fabrizio Guidetti, il direttore di Unipeg, il primo macello cooperativo d'Italia (310mila bovini macellati e un fatturato che si aggira sui 400 milioni di euro, secondo le previsioni di bilancio del 2008), richiama l'attenzione sulla filiera della zootecnia da carne, "percentualmente molto sbilanciata, in termini di ricavi, verso la grande distribuzione piuttosto che verso i produttori o le industrie di macellazione". Solo uno degli aspetti che portano comunque – in un'analisi a più ampio raggio – Fabrizio Guidetti a suggerire due ambiti d'azione per rilanciare il comparto dei bovini da carne.

"Innanzitutto – dichiara – credo sia necessario approvare quanto prima un Piano carni nazionale, per il consolidamento della zootecnia nazionale. Siamo al di sotto del 50 per cento dell'approvvigionamento nazionale e, se non si lavora per ridurre le importazioni, rischiamo di diventare totalmente dipendenti dall'estero".

Ipotesi, quella di restare attaccati alla flebo dell'import, che ha già mostrato pesanti controindicazioni. A partire dalla blue tongue. "Nel 2008 i flussi di broutard dalla Francia – spiega Guidetti – non sono stati assolutamente omogenei. Fra gennaio e febbraio dello scorso anno, proprio in vista di un blocco della movimentazione dei vitelli, si sono importati molti più animali di quanto necessario. Ad aprile c'è stata una caduta pesante e poi un allineamento sulle dinamiche degli anni precedenti, con una ripresa negli ingressi a dicembre, grazie all'accordo bilaterale fra Italia e Francia per l'importazione di capi anche non vaccinati contro la blue tongue". Questo andamento a picchi e depressioni, però, ha avuto ripercussioni anche sulle macellazioni. "Fra luglio e agosto il mercato della carne si è quasi saturato, per poi lasciare dei vuoti in cui la mancanza di prodotto si è fatta sentire – prosegue. Ma questa situazione ha fatto saltare tutte le programmazioni dei macelli e in casi di necessità sul mercato si è surrogato il prodotto nazionale con quello estero".

Il direttore di Unipeg lancia un altro segnale per raddrizzare il comparto della carne bovina: la razionalizzazione del sistema della macellazione e della commercializzazione. "Bisogna trovare all'interno della filiera un equilibrio per arrivare ad una migliore efficienza – sostiene Guidetti – e trovare una valida formula economica per i processi produttivi, organizzativi e logistici".

Percorsi e obiettivi necessari per trasformare "l'attività industriale del macello in un'attività sempre più di servizio e di logistica". Ecco allora che l'evoluzione per i macelli passa attraverso il disosso, la porzionatura, il confezionamento della carne. E per razionalizzare il settore, secondo Guidetti, bisogna partire da un'azione prioritaria: riordinare il settore. "Oggi – dice – in Italia ci sono circa 1.700 macelli, dei quali 7-800 in deroga alle normative igienico-sanitarie. Bisogna fare pulizia, ma non per arrivare al monopolio, per essere più competitivi e non cedere ulteriori posizioni di vantaggio alla grande distribuzione".

Necessità imposte dal mercato. Perché il 2008 è stata un'annata a luci e ombre per il settore della carne bovina. "In base ai dati Ismea, se si esclude lo scorso dicembre, che ha visto una timida ripresa, lo scorso anno ha registrato una contrazione dei consumi di carne bovina del 2 per cento circa – afferma Guidetti. Le macellazioni sono diminuite del 3,5-4 per cento sul 2007, con la conseguenza che è aumentata del 2-2,5 per cento l'importazione di prodotto estero da Germania, Francia e Irlanda, mentre dal Sudamerica c'è stata una frenata sui prodotti congelati e una certa stabilità sull'importazione di carne refrigerata".

Spostando l'attenzione sulle tipologie di carne, il 2008 ha visto un andamento in linea con l'anno precedente del vitellone. "Vitellone e scottona, quest'ultima considerata carne di alta fascia, hanno dato una buona redditività agli allevatori, tenuto anche conto che nella seconda parte dello scorso anno si è verificato un sensibile contenimento dei costi dei cereali. Si può dunque affermare che rispetto al 2007 il prezzo degli animali ha avuto performance sui listini in crescita del 5-10 per cento".

Più problematico il mercato del vitello a carne bianca. "Sul 2007 le quotazioni hanno frenato del 10-12 per cento", dichiara il direttore di Unipeg.

La sofferenza del comparto della macellazione bovina si fa sentire anche per una forte crisi dei sottoprodotti della lavorazione, come pelli, grasso e ossa animali. "Dal 2007 a oggi il valore delle pelli è crollato del 40 per cento – rileva Guidetti – e le previsioni a fine 2009 indicano una ulteriore discesa di altri 20 punti percentuali". La spiegazione è molto semplice. "La vendita delle pelli era veicolata soprattutto in tre direzioni: il settore auto, quello dell'arredamento e della moda e al momento ci sono richieste solamente dalle concerie che si occupano di alta moda, ma limitatamente ai pellami di vitello, che sono i più pregiati. Tutto il resto è inesorabilmente fermo e siamo costretti a stoccare le pelli, che comunque costituiscono un costo in fase di macellazione, attualmente non remunerato. Tanto che a livello europeo si sta valutando di concedere aiuti per l'ammasso di pelli".

In discesa anche i prezzi del grasso animale e delle ossa, fino a poco tempo fa impiegato per la produzione di energia. "Ma il forte ribasso del greggio ha limitato notevolmente l'utilizzo di questi sottoprodotti, tanto che il grasso animale è passato da 760 euro la tonnellata a metà del 2008 a 310 euro in questo periodo".

Cifre che nel complesso incideranno negativamente sul fatturato di Unipeg per circa 12 milioni di euro.

Eppure, Unipeg non ha perso la propria vocazione ad innovarsi, nonostante le difficoltà di mercato. "Stiamo portando a termine un progetto per il disosso, il porzionamento delle carni, per prodotti pronti al taglio, hamburger e macinati. Abbiamo intenzione di potenziare la catena del disosso per circa 40 milioni di chilogrammi di carne all'anno, mentre abbiamo già sviluppato il servizio di porzionatura per circa 3 milioni di chilogrammi".

Anche la logistica verrà sviluppata, portando a sette le piattaforme distributive nel Centro-Sud Italia. "Il nostro obiettivo è quello di arrivare sempre più rapidamente alla grande distribuzione, che costituisce il 50 per cento del nostro fatturato, senza dimenticare però gli altri canali di vendita, come i negozi, che rappresentano il 35 per cento della destinazione della carne a valore, o l'industria alimentare, dalla quale Unipeg trae il 25 per cento del fatturato".

Altro progetto in corso, "la realizzazione di 10mila posti-stalla per un'integrazione verticale di filiera, da sempre un'ottica privilegiata nel rapporto fra allevatori e macello, dal momento che siamo una cooperativa". E un impianto di biogas, per ridurre la bolletta energetica.