Nel 2016 sono stati coltivati al mondo 527.848 ettari per una produzione di 546.259 tonnellate: +4% per superfici ma -14% per produttività rispetto al 2010. Il primo produttori mondiale è il Vietnam con 216.432 tonnellate, seguito dal Brasile con 54.425 tonnellate e dall'India con oltre 53mila tonnellate (Fonte dati Faostat).
In Italia nel 2017 sono stati coltivati 1.793.468 quintali su una superficie di 8.293 ettari: -15% per produzione totale e -20% per superfici coltivati rispetto al 2010 (Fonte dati: Istat).
PEPERONE
"Si prevede una produzione 2018 in calo - spiega Giovanni Orioli, sales specialist pepper di Bayer CropScience Vegetable Seeds -. Il motivo è legato principalmente ad un calo delle superfici coltivate.
Fino alla fine di febbraio, tempo ultimo per programmare la coltura in pieno campo, gli operatori del settore sono stati in dubbio se piantare o no: l'andamento stagionale siccitoso unito al cattivo andamento commerciale di quasi tutte le referenze hanno demotivato i produttori a coltivare peperone. Così in molti hanno scelto di cambiare strategia indirizzandosi verso altre piante, cereali in primis. I fatti accaduti hanno generato buone aspettative per i futuri prezzi di mercato".
La produzione del 2017
"Il 2017 è stato un anno abbastanza buono - prosegue Orioli - sia per la produzione che per i prezzi, anche se ci sono stati momenti di 'up and down'. Da notare come ci sia stata una differenziazione tra coltivazione in pieno campo e in serra: la prima, infatti, pur avendo avuto un andamento stagionale asciutto che, se per certi versi ha creato difficoltà ai produttori in termini di esigenze idriche e di produzione (con scottatura dei frutti), ha comunque salvaguardato le colture da diverse fitopatie, batteriosi o malattie fungine. Permettendo così di creare un prodotto di alta qualità molto apprezzato da commercianti e dal consumatore finale".Il 2017 è stato un anno abbastanza buono sia per produzione che per qualità
(Fonte foto: © KaiPieger-Pixabay)
Peperone italiano, destinazione Italia
Tutti sappiamo quanto è conosciuto il made in italy agroalimentare nel mondo. Infatti l'Italia produce in generale sia per il mercato interno sia per l'export. Il peperone è però un'eccezione, perché quasi tutta l'offerta viene riversata sui mercati interni."Praticamente tutto quello che viene prodotto è venduto a livello nazionale - continua Orioli -. Ad esempio gran parte della produzione in pieno campo è destinata all'industria di trasformazione che vendono poi il trasformato alle catene distributive che alle società di catering. E' necessario fare un'altra considerazione: il Bel Paese produce quasi esclusivamente la tipologia Lamuyo, la preferita dal mercato interno. Una scelta di questo tipo indirizza già dall'origine il percorso imprenditoriale".
Dove sta andando il breeding?
Pur registrando un calo delle superfici, sia in pieno campo che in serra, si va verso una stabilizzazione delle superfici coltivate nei prossimi anni.Questo è anche dovuto al fatto che chi coltiva peperone è altamente specializzato ed è consapevole dei costi ma anche della gestione agronomica e fitoiatrica. Uno dei punti critici che sempre di più si sta evidenziando è la pressione delle malattie virali, sia in pieno campo che in coltura protetta. Danni che variano percentualmente secondo le annate, le aree di coltivazione e le varietà scelte.
"Come in tutte le piante - conclude Orioli - il miglioramento genetico sta facendo fare passi da gigante a questa coltura. Al momento i parametri su cui i ricercatori pubblici e privati si stanno concentrando sono: resistenza alle malattie fungine e virali e resistenza agli stress abiotici (siccità in primis)".
Sono diverse le varietà che oggi la Bayer CropScience Vegetable Seeds attraverso il marchio Nunhems propone. Eccone alcune novità di prospettiva: Balzac F1, Pompeo F1, Ricardo F1 e Aurelio F1 per il peperone rosso prismatico; Orazio F1, United F1 e Rialto F1 per il peperone giallo prismatico.