Dal 2000 al 2014 l'incremento produttivo è stato del 6%, passando dalle 676.956 tonnellate alle 713.451 tonnellate. In questo periodo però c'è stata grande variabilità produttiva: il picco è stato nel 2006 con 964.738 tonnellate (Fonte Fao).
Con il 65% della produzione totale la Turchia è al primo posto nella classifica dei produttori, seguita dall'Italia con il 12%.
Proprio per fare il punto sulla produzione, ma non solo, sono state organizzate il 14 e 15 luglio 2017 a Caprarola (Vt) le Giornate tecniche nazionali sul nocciolo.
L'evento è stato organizzato dal Dafne dell'Università della Tuscia, dalla Soi - Società ortoflorofrutticola italiana, dal Civi Italia, da Ferrero Hazelnut Company e dall'Aiia - Associazione italiana di ingegneria agraria. AgroNotizie e Plantgest (www.plantgest.com/nocciolo, per scoprire tutte le varietà che puoi coltivare) sono state media partner: in anteprima video della manifestazione e presentazioni in Pdf dei relatori.
Nel 2015 in Italia erano in coltivazione in Italia 71.520 ettari di nocciolo
(Fonte foto: © Grafvision - Fotolia)
"C'è un impulso positivo per la corilicoltura - spiega Valerio Cristofori, ricercatore presso il Dipartimento di scienze agrarie e forestali dell'Università della Tuscia, conosciuto anche come Dafne -. Il convegno vuole essere un supporto al settore, che necessita d'informazioni aggiornate. La domanda è forte ma l'offerta al momento è ancora insufficiente a coprirne il fabbisogno. C'è ancora possibilità di crescita e l'opportunità è ghiotta".
Il possibile sviluppo del settore è legato a diversi motivi: la ricerca di nuove opportunità economiche, le difficoltà di mercato o i problemi fitopatologicigi delle specie più tradizionali che spingono alla valorizzazione di nuove varietà e lo stimolo derivante dal 'Progetto nocciola', nato da una iniziativa congiunta di Ismea e Ferrero.
L'Italia è il secondo produttore al mondo
Secondo i dati Istat del 2015 nel nostro paese ci sono 71.520 ettari coltivati a nocciolo, di cui 68.600 in produzione.La geografia italiana del nocciolo vede come prima regione produttrice il Lazio, con 45.967 tonnellate annue. Seguonogue la Campania con 39.590 tonnellate annue, il Piemonte con 20.027 tonnellate e la Sicilia con 11.978 tonnellate.
Il periodo 2010-2015 conferma la variabilità della produzione italiana. Nel 2016 è stata di circa 111.500 tonnellate. A questo valore vanno aggiunte le 85mila tonnellate che vengono ogni anno importate (l'export è di 54mila tonnellate). Se quindi il consumo medio è di circa 140mila tonnellate all'anno, solo l'80% è coperto dal prodotto nazionale.
Le varietà coltivate oggi in Italia sono poche, antiquate e territoriali
(Fonte foto: © HandmadePictures - IstockPhoto)
L'ambiente e le varietà
"Il nocciolo è una pianta decisamente rustica - spiega Roberto Botta, professore di Arboricoltura del Disafa, il dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari dell'Università di Torino - ed abbastanza facile da coltivare. Ha comunque le sue esigenze e ci vuole la giusta professionalità.In primis è il clima ad influenzarne lo sviluppo: non gradisce le basse temperature invernali e le gelate primaverili, da evitare aree a bassa igrometria dell'aria (<70%) e le piogge devono raggiungere almeno gli 800 mm d'acqua (ben distribuite). Non tollera il vento molto forte. Il terreno migliore è quello di medio impasto (ok terreni calcarei), con Ph tra 6 e 7,8 e ben drenato.
L'assortimento varietale oggi usato è affidato a poche varietà, di lungo corso e tutte molto legate al territorio produttivo. Per fare un ulteriore salto di qualità è necessario trovare nuove varietà che abbiano una maggiore capacità di adattabilità, rese produttive che puntino ai 30 ql/ha (oggi in Italia è inferiore ai 20 ql/ha), e con una qualità tecnologica maggiore (non meno del 45-50% di resa del sgusciato). Il 99% del nostro prodotto è destinato all'industria e questo è un aspetto da tenere in considerazione".
Anche in Italia si sta passando da una coltivazione a cespuglio ad una monocaule
(Fonte foto: © Agrion)
Aspetti agronomici e vivaistici
"La forma di allevamento più usata in Italia - spiega Maria Corte, tecnico di Agrion - è quella a cespuglio, che ne indirizza la coltivazione negli anni.Nei nuovi impianti ci si sta indirizzando verso forme monocaule (vaso cespugliato ed alberello). In questo modo è possibile avere una gestione più ecosostenibile, sia economica che ambientale: ad esempio spollonatura meccanica, migliore resa produttiva, migliore uso degli agrofarmaci, raccolta meccanica. Ricordiamo che il ricorso all’irrigazione, specie nelle aree poco piovose o con precipitazioni mal distribuite, è indispensabile per ottenere produzioni soddisfacenti: si ipotizzano aumenti di produzione del 20-100%, con maggiori benefici laddove vi è piovosità ridotta".
Il nocciolo ad oggi è sottoposto a norme obbligatorie comunitarie in materia di propagazione e commercializzazione vivaistica, fin dal 1997. Ma al di là degli aspetti normativi, per costruire un impianto che dia i frutti sperati è necessario mettere a dimora piante sane, garantite e dotate di buone radici.
"In questo momento - spiega Luigi Catalano, direttore del Civi Italia - il livello massimo di garanzia è dato dal cartellino arancione della Cac. Questa però è una certificazione di processo, e non basta.
Un nuovo impulso è arrivato dal 'Progetto Nocciola' lanciato nel 2014 dalla Ferrero: realizzare 20mila ettari di nuovi impianti entro il 2020. Per garantire un'elevata qualità di prodotto era necessario qualificare ulteriorimente la produzione. L'accordo tra Ferrero, Civi Italia e Ismea ha permesso quindi di creare un cartellino di certificazione volontaria di colore azzurro che garantirà un livello di controlli molto più alto e materiale ancora più sano.
In questo modo si è passati ad una certificazione di sistema e di prodotto, un bel salto in avanti. Questo sarà in essere da ottobre di quest'anno: il Mipaaf ne avrà la supervisione e i Servizi fitosanitari regionali ne gestiranno i controlli. Si ipotizza per la stagione 2017-2018 di certificare circa 5 milioni di piante".
L'Halyomorpha halys è un insetto chiave per il nocciolo
(Fonte foto: © Vladyslav/Faber - Fotolia)
Difendiamo il nostro corileto
"Nell’agroecosistema del corileto - spiega Luciana Tavella, professoressa di Entomologia generale presso il Disafa di Torino - la difesa integrata è fondamentale.In questo modo è possibile preservare l'ambiente ma anche i molti insetti utili presenti. Per ridurre correttamente l’uso intensivo d'insetticidi è necessario conoscere quali prodotti sono più efficaci e selettivi, quando l’attacco dei fitofagi è pericoloso, quando i fitofagi sono più suscettibili ai trattamenti e la suscettibilità di quella varietà.
La pericolosità degli attacchi dei fitofagi può variare in relazione all’area e all’annata a causa delle condizioni climatiche ed ambientali. Tra gli insetti più pericolosi ci sono: il Curiculio nucum e diverse cimici nocciolaie (Coreidae: Gonocerus acuteangulatus, Coreus marginatus e Pentatomidae: Palomena prasina, Nezara viridula, Rhaphigaster nebulosa, Piezodorus lituratus ed ora Halyomorpha halys). Da ricordare anche l'acaro Phitoptus avellanae".
Una considerazione sugli antogonisti naturali di Halyomorpha halys: in condizioni naturali A. bifasciatus sembra essere ad oggi l’unico parassitoide in grado di contenerne la popolazione. Tuttavia merita approfondire lo studio su Trissolcus sp., che in futuro potrebbe svolgere in Europa un ruolo analogo a quello svolto da T. japonicus in Cina.
I danni economici che derivano dall’azione dei diversi parassiti possono essere molto rilevanti: da una riduzione della produzione fino alla morte della pianta.
Leonardo Varvaro, professore di patologia vegetale presso il Dafne della Tuscia fa il punto sulle principali avversità: "Moria del nocciolo e avvizzimento del nocciolo (tra i batteri), oidio, gleosporiosi, mal secco, moniliosi, cancri rameali e marciume radicale (tra i funghi) e mosaico fogliare (tra i virus). Per tutti è possibile una strategia di riduzione agronomica e chimica".
Guarda il video prodotto da AgroNotizie per approfondire alcuni temi sul nocciolo
(Fonte video: © AgroNotzie)
Una rivoluzione meccanica alle porte
Per abbattere i costi di produzione è necessario meccanizzare parzialmente o integralmente le operazioni colturali con più alta richiesta di manodopera. Tante sono le opportunità che ci sta dando il processo d'innovazione tecnologica.
"Ad oggi - spiega Danilo Monarca, professore di Meccanica agraria presso il Dafne - le maggiori innovazioni sono nell'ambito dei trinciasarmenti, della potatura e della spollonatura. Anche nella raccolta c'è fermento: le macchine più usate sono le portate e le trainate. Sempre di più si vedono in Italia macchine semoventi, consigliate in aziende superiori ai 10-15 ettari. Per queste si ha una riduzione di circa 2 ore di lavoro ad ettaro con un aumento della qualità dei frutti (stanno sul terreno meno tempo e prendono meno umidità).
Se guardiamo oltre c'è interesse verso macchine di dimensioni più ridotte utili in ambienti con orografie difficili e per il recupero di materiali secondari adatti per la produzione di biomassa".
L'evento è stato organizzato con il contributo di : Toro® Company, GF costruzioni macchine agricole, Sipcam Italia, Civi-Italia, BMS Micro-Nutrients, Netafim, Irritec, Landini, Facma, Battisitini Vivai, Corylus Vivai, Labo Vivai Roero, Iocoli Vivai, Vivaio Mozzone Giancarlo, Vivalb, Vitroplant, Vivai Fortunato, Vivai Nicola, Valserena.