Con la legge regionale 31/08 la Puglia “disincentiva la realizzazione di grandi centrali a biomasse in zone agricole perché determinano un forte impatto ambientale, tranne che non si utilizzi la filiera corta”. Così il vicepresidente pugliese Loredana Capone, ha motivato il parere negativo della Regione sull’impianto a biomasse Heliantos 1 da 25 MW dell’impresa Italgest, che doveva sorgere nei pressi di Lecce.

Spiega Capone in un comunicato: “Gli impianti diffusi aventi piccole dimensioni sono interessanti per la filiera agricola e lo dimostra l’attenzione ad essi giustamente rivolta dai piccoli imprenditori agricoli e da alcune associazioni di categoria. Mentre, è evidente che – quando si tratta di progetti che superano i 20 MW in aree agricole – il rigore richiesto dalla legge e volto a contemperare gli interessi dell’agricoltura e del territorio, è notevolmente più forte. Perciò l’art.2 della legge 31/08 prescrive che: ‘E’ vietata la realizzazione in zona agricola di impianti alimentati da biomasse salvo che gli impianti medesimi non siano alimentati da biomasse stabilmente provenienti, per almeno il 40 percento del fabbisogno da ‘filiera corta’, cioè ottenute in un raggio di 70 chilometri dall’impianto”.

Pertanto il risultato della procedura non può essere letto come l’esito di “una disputa tra il Comune di Lecce e l’impresa Italgest. In questa vicenda non ci sono vinti né vincitori”.

"Del resto l’impresa Italgest – sottolinea ancora la vicepresidente pugliese – si è sempre sottoposta scrupolosamente al rigore degli uffici ottenendo l’approvazione di diversi progetti sia nel fotovoltaico sia nell’eolico. Nel caso in questione evidentemente ha scontato la circostanza che Heliantos è stato il primo progetto di grande impianto a biomasse in zona agricola soggetto alla regola della filiera corta”.