Pensi al Natale e subito vengono in mente tavolate di parenti, addobbi, il presepe e l'immancabile albero di Natale. Secondo una indagine Coldiretti/Ixè del 2018 ben l'81% degli italiani ha in casa un albero di Natale e se sette famiglie su dieci lo preferiscono di plastica, circa 3,6 milioni di persone lo vogliono vero.
L'albero di Natale vivo è un business in crescita in Italia ed è un vero must nei Paesi del Nord Europa, come anche negli Stati Uniti e in Canada. Un business che ha diverse implicazioni, economiche per vivaisti e agricoltori, ma anche ambientali, visto che gli alberi finti sono prodotti quasi tutti in Cina con materie prime fossili.
Tre tipologie di albero di Natale
Di solito gli alberi veri che si comprano nei garden center o nei negozi specializzati sono di tre tipologie: abeti recisi, con le radici oppure puntali.
Le prime due tipologie provengono da poche aree vocate a questo business, come ad esempio la provincia di Pistoia, patria del vivaismo italiano. Qui gli alberi vengono allevati in suolo e poi tagliati, oppure cavati per essere invasati e venduti.
Ci sono poi i cimali, e cioè le punte di abeti che vengono abbattuti per fare legna. Si tratta di scarti che di solito vengono cippati e che invece possono essere riutilizzati per decorare le case. Il cimale, come anche l'abete reciso, non ha speranza di superare il periodo natalizio. L'Università degli Studi di Firenze ha pubblicato una sintetica guida su come scegliere e prendersi cura dell'albero di Natale.
Non si vende un albero di Natale, ma l'esperienza del Natale
Gli operatori di questo settore sono dunque in prevalenza vivaisti che coltivano gli abeti e li distribuiscono poi ai propri clienti (garden center, Gdo, fiorai, etc.) sparsi per l'Europa. Negli Stati Uniti invece moltissime famiglie si recano direttamente presso i vivai per acquistare l'albero di Natale. È questo un trend che si sta sviluppando anche in Italia e che potrebbe rappresentare un'interessante fonte di guadagno.
Prima delle feste milioni di famiglie in Nord America si recano presso i vivai che sorgo nei pressi delle principali città e scelgono il proprio abete. È un'attività ludica, in cui si respira aria di Natale. Le aziende sono addobbate a festa, si può passeggiare tra gli alberi e scegliere quello che si preferisce. In alcune aziende lo si può tagliare da soli, mentre in altre si deve chiamare un addetto che lo sega e lo impacchetta.
Qualche vivaio ha persino dato la possibilità di adottare un albero, in qualche modo prenotandolo per il futuro. Mentre altri consegnano l'albero di Natale direttamente a casa dell'acquirente e poi lo vanno a ritirare, prendendosene cura fino al Natale successivo.
In alcuni vivai è prevista un'animazione con giochi per i più piccoli, si vendono gadget e addobbi. Ci sono le renne e altri ungulati, attori che impersonano Babbo Natale e i folletti. Andare al vivaio diventa così un'esperienza di acquisto divertente e coinvolgente, da ripetere ogni anno.
Ma perché un vivaista o un agricoltore dovrebbe lanciarsi in questo business? Perché gli abeti possono essere venduti direttamente al consumatore finale a prezzi molto più alti rispetto ai grossisti. Inoltre si può guadagnare dalle attività collaterali (addobbi, gadget, servizi connessi all'albero, vendita di prodotti alimentari, etc...). Come per le zucche di Halloween o i labirinti di mais l'agricoltore ha l'opportunità di diversificare il proprio business aumentando le entrate.
Serve la giusta comunicazione
Nella percezione comune c'è l'idea che l'albero di plastica sia più sostenibile di quello vero. Questo non è del tutto vero. Un albero di plastica viene prodotto con materie prime fossili e viaggia a lungo per arrivare fino a casa del consumatore. Emette quindi moltissima CO2, mentre gli alberi veri la assorbono. Secondo la società di consulenza Ellipsis un albero di plastica è più ecologico solo se viene usato per almeno venti anni. Altrimenti meglio quello vero.
Se si comprano alberi italiani si sostiene il tessuto economico locale e se poi si piantano a terra si produce un impatto positivo sul clima, in quanto la pianta crescendo assorbe anidride carbonica. Se invece l'albero muore la CO2 che ha immagazzinato crescendo ritorna in atmosfera, per un bilancio nullo.
Sono questi i concetti che andrebbero spiegati al consumatore, che invece pensa che acquistando un abete causi la scomparsa di un albero in qualche bosco. Ecco perché comunicare al consumatore e invitarlo a visitare il vivaio diventa un'operazione di marketing che fa bene all'ambiente e alle tasche dell'agricoltore.
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