Collaborazione invece di contrapposizione. Dialogo anziché proclami. E un pizzico d'iniziativa di singole persone intimamente motivate. Per dare vita a progetti concreti di sviluppo servono "semplicemente" queste tre cose. E così, dalla collaborazione tra Gruppo Aleimar Onlus, associazione no-profit che si occupa di minori in difficoltà, e Pioneer Hi-Bred Italia, nasce un progetto che aspira ad avviare nuovi modelli agricoli sostenibili per migliorare l'autosufficienza alimentare delle comunità più svantaggiate.
Il villaggio agricolo di Kafubu, in Congo, accoglie 450 bambine rimaste orfane a causa della guerra e di malattie come malaria, febbre gialla e poliomielite. Nella sperduta Kafubu una comunità di Suore Salesiane s'affanna da tempo per assicurare il meglio circa accoglienza e istruzione. Ma come sempre la buona volontà serve a poco se non subentrano supporti sostanziali e sostanziosi. Nel 2008 Graziano Balestreri, Tecnico del Servizio Agronomico Pioneer, ha deciso che in fondo Cremona e Kafubu potevano essere molto più vicine di quanto le cartine geografiche potessero aver deciso a priori.
“Come in molte altre zone dell’Africa, la sopravvivenza della comunità di Kafubu è strettamente legata al mais, che sotto forma di bukari, un alimento molto simile alla polenta, rappresenta la base dell’alimentazione dell’intera popolazione e delle bambine della comunità - spiega Graziano Balestreri - Fino al 2008, anno dell'intervento di Pioneer, tutte le operazioni colturali, dalla semina alla raccolta, avvenivano a mano e vedevano l’impiego di varietà locali che, con rese mediamente inferiori ai 15 quintali a ettaro, non consentivano alla comunità di essere autosufficiente”.
Ed ecco la decisione di dare vita a un progetto pilota mirato. Nel novembre 2008 i volontari dell’associazione Aleimar Onlus hanno valutato su un ettaro di terreno le rese di alcune sementi ibride donate da Pioneer Italia. L'anno successivo, la coltivazione degli ibridi di mais risultati più produttivi è stata estesa ai 30 ettari della comunità, con rese estremamente incoraggianti. Ma non solo di semente parla Balestreri: per la prima volta gli appezzamenti della comunità sono stati seminati con una seminatrice pneumatica, rimessa in funzione grazie ai pezzi di ricambio portati in Congo e si è inoltre lavorato al ripristino di un pozzo da cui attingere l’ acqua necessaria all'irrigazione della coltura. I risultati sono stati premiati con rese più che raddoppiate.
Oltre al netto miglioramento della loro alimentazione, le ragazze più grandi hanno inoltre avuto modo di apprendere nuove tecniche di coltivazione del mais. Ciò rappresenta una speranza anche per il futuro dell’intera comunità, che sta anche pianificando di allestire un impianto idraulico che fornisca acqua calda nel periodo invernale, quando le temperature notturne scendono sotto i 10 gradi. Ora il progetto va avanti: nel prossimo viaggio, previsto per novembre 2011, oltre ad assistere alle nuove semine, Balestreri aiuterà a individuare altre varietà di mais che meglio si adattino al terreno e al clima del Congo e che possano essere reperibili direttamente sul mercato locale.
Come rammenta il noto adagio: "Meglio insegnare a un uomo a pescare che donargli ogni giorno un pesce".