Durante il Salone del Gusto di Torino, a settembre, Ismea ha presentato un Rapporto dal titolo "Generazione Terra: valore, cibo e ambiente. Il ruolo dei giovani nella filiera agroalimentare italiana". Dati davvero critici, perché nonostante i tanti bandi in favore degli under 40, secondo i dati Ismea nell'ultimo decennio il numero dei giovani nelle aree rurali si è quasi dimezzato, ponendo a rischio la tenuta demografica e socio economica di interi territori con gravi conseguenze anche sotto il profilo ambientale.

 

Migliori i dati sulle imprese a conduzione giovanile in agricoltura, che, seppur lievemente, crescono di numero nel quinquennio, in controtendenza rispetto al resto dell'economia e alla progressiva riduzione del numero di aziende agricole nel complesso. Buoni i dati aziendali; le aziende condotte da giovani infatti presentano un grado maggiore di competitività, produttività, propensione all'innovazione e al digitale.

 

Secondo i dati del Registro delle Imprese, dal 2017 ad oggi sono nate ogni giorno per mano di giovani fino a 35 anni 21 nuove aziende agricole, mentre 5 hanno chiuso i battenti, per un saldo positivo di oltre 6mila unità fra iscrizioni e cessazioni. A fine 2021 le imprese agricole condotte da giovani sono 56.172, in crescita dello 0,4% mediamente per ogni anno nell'ultimo quinquennio. Il dato è in controtendenza, dal momento che il numero complessivo delle aziende agricole si è ridotto al ritmo dello 0,7% all'anno.

 

Ismea riporta poi una rielaborazione del Censimento dell'Istat, dove si mettono in evidenza alcune peculiarità dei giovani agricoltori che fanno impresa, confermando la stretta correlazione che c'è tra le nuove generazioni e una maggiore competitività, capacità di innovare, fare rete, diversificare le fonti di reddito e produrre valore nel territorio.

 

Mediamente i giovani godono di una formazione maggiore (quasi il 50% di loro è diplomato, quasi il 20% è laureato), dispongono di una Sau aziendale più grande (18,3 ettari contro la media di 10,7) e di una maggiore propensione agli investimenti e all'innovazione, se pensiamo che nel triennio 2018-2020 il 24,4% dei giovani agricoltori ha fatto almeno un investimento innovativo, a fronte del solo 9,7% delle altre aziende. Infine, sempre per i giovani, forte propensione alla multifunzionalità delle imprese agricole, come le rinnovabili, gli agriturismi e l'agricoltura sociale.

 

"L'agricoltura italiana si sta orientando verso un modello gestionale più moderno rispetto al passato - ha spiegato Roberto Gismondi dell'Istat - meno aziende agricole ma più grandi, meno terreni di proprietà, più multifunzionalità, ma anche maggiori persistenti gap rispetto agli altri settori economici. Detto questo, il ruolo del capo azienda 'giovane' under 40 non decolla, perché rispetto al 2010, nel 2020 la percentuale di aziende agricole giovani è scesa dall'11,5% al 9,3%".

 

"Il coinvolgimento dei giovani nel settore agricolo è un obiettivo della politica agricola comune europea e una sfida per l'Italia - ha rimarcato Fabio Del Bravo, responsabile Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale dell'Ismea - una maggiore presenza di giovani è necessaria per accelerare e concretizzare il rinnovamento di cui necessita il settore agricolo per essere più competitivo, sia rispetto alle altre agricolture europee sia rispetto agli altri settori economici, riducendo il divario di redditività che lo contraddistingue, sia per essere in grado di affrontare le sfide ambientali e assicurare il contributo all'adattamento e alla mitigazione dei cambiamenti climatici".