L'agricoltura in Puglia soffre la sete provocata dalla siccità. Ma i campi a secco in provincia di Taranto sono anche frutto del razionamento dell'acqua per irrigare primizie e frutta in un momento determinante per le colture in corso e per le produzioni dei prossimi mesi. A denunciarlo è Coldiretti Puglia che da mesi sta segnalando l’assoluta mancanza di piogge, con una situazione nei campi divenuta insostenibile.
 

Coldiretti Taranto: va cambiata la pianificazione irrigua

“Siamo nel pieno della campagna di raccolta delle primizie e l’acqua è necessaria per gli ortaggi, ma anche per agrumi, melograno, uva da tavola, albicocche. Il Consorzio di bonifica Stornara e Tara in liquidazione (che sta confluendo nel Consorzio di bonifica Centro Sud Puglia Ndr) ha comunicato il razionamento dell’acqua, con la possibilità di irrigare solo 2 volte al mese, ogni 15 giorni" afferma Alfonso Cavallo, presidente di Coldiretti Taranto che già due mesi fa aveva segnalato l’esigenza dell’irrigazione di soccorso. 
"Così i campi seccano e le colture muoiono, deve essere rivista necessariamente dal Consorzio la pianificazione della erogazione dell’acqua".
 

Coldiretti Puglia: bisogna investire nel comparto irriguo 

“La sostanziale assenza di piogge è aggravata – aggiunge Coldiretti Puglia - dalle reti colabrodo che fanno perdere 1 litro di acqua su 2. Serve un piano infrastrutturale per la creazione di piccoli invasi che raccolgano tutta l’acqua piovana che va perduta e la distribuiscano quando ce n’è poca ai fini di regimazione delle acque, irrigui, ambientali e dell’accumulo/produzione di energia idroelettrica".

"Servono – insiste la Coldiretti – interventi di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque, campagne di informazione ed educazione sull’uso corretto dell’acqua, un impegno per la diffusione di sistemi di irrigazione a basso consumo, ma anche ricerca e innovazione per lo sviluppo di coltivazioni a basso fabbisogno idrico".
 

Taranto, tra opere incompiute e la convivenza con l'acciaieria

Fin qui la posizione dell'organizzazione agricola. Ma la storia e la geografia dell'irrigazione nel tarantino è molto complessa e presenta una serie di problemi: dal mancato completamento di intere opere, alla scarsa manutenzione. E congiurano anche sovrapposizioni amministrative e l'antico conflitto tra città e campagna, che qui si materializza nella concorrenza dell'uso dell'acqua tra agricoltura e industria pesante.

Le strutture irrigue consortili dello Stornara e Tara sono attive su 22.914 ettari e sono così suddivise: Impianto Sinistra Bradano per 9.500 ettari, Impianto Sinni Vidis da 9.200 ettari e Impianto Sinni Metaponto Uno per ettari 4.214 e attivo fuori dai confini amministrativi della Regione Puglia, in Basilicata.

Tali impianti attingono acqua dalla diga di Monte Cotugno su fiume Sinni, situata nella vicina Basilicata e gestita dall’Ente per l’irrigazione di Puglia, Lucania ed Irpinia (Eipli), e dal lago di San Giuliano, sempre in Basilicata, dove le acque del fiume Bradano sono captate dal Consorzio di bonifica della Basilicata. La diga di Monte Cotugno attende di essere riparata e l’invaso da alcuni anni non può essere riempito alla massima capacità autorizzabile: 480 milioni di metri cubi. Un problema per il perno di un sistema di bacini a gestione poliennale ed uso plurimo.

Tra le strutture consortili dello Stornara e Tara vi sono anche aree irrigue non in esercizio: Impianto Sinni Metaponto Due da 5.322, l’area di Statte da 1.857 ettari, la Conca di Taranto da 9.604 e l’impianto Gennarini per 2.325 ettari. “Queste aree non sono in esercizio per il mancato completamento dello schema Sinni con la seconda canna addutrice, mentre l’impianto di affinamento Gennarini di Taranto non è mai andato in esercizio per problematiche dell’Acquedotto pugliese e dello stesso Comune" si legge in un documento dell’Anbi Puglia presentato nello scorso mese di giugno alla Commissione Agricoltura del Senato della Repubblica.

Inoltre, l’Eipli in provincia di Taranto dispone anche di una derivazione da 1,5 metri cubi al secondo proprio sul fiume Tara, a Statte, stesso comune dove c'è una delle aree irrigue inattive del Consorzio Stornara e Tara. Questa derivazione, nata per scopi irrigui, è però captata per almeno 0,5 metri cubi al secondo dalla Arcelor-Mittal di Taranto (conosciuta come la ex Ilva), che le utilizza per raffreddare gli impianti delle acciaierie.

Gli impianti siderurgici utilizzano anche molte altre fonti, tra queste il Sinni, per qualcosa come circa 15 milioni di metri cubi d’acqua all’anno, stando ad una stima di Legambiente Puglia. E la possibilità per l'industria dell'acciaio di utilizzare come acque di raffreddamento quelle provenienti da due depuratori della città di Taranto, liberando risorse per l'agricoltura, è stata oggetto per lunghi anni di una controversia tra Regione Puglia e i vertici dell'ex Ilva, finita con il congelamento dello status quo a favore dell'industria. Problemi annosi che si saldano oggi con la siccità iniziata in pieno inverno e che stende la sua ombra minacciosa su questo ultimo scorcio di primavera.