Parliamo delle intolleranze alimentari, un fenomeno contraddittorio secondo alcuni ricercatori, preclaro per altri. Milioni di persone si sono scoperte intolleranti al grano (al glutine) o al latte (al lattosio) e semplicemente hanno smesso di consumarli, dirigendo i loro consumi verso altri tipi di alimenti.
Non stiamo a opinare se si tratti o meno di vere intolleranze o di malesseri più propriamente legati alla sfera psicosomatica: non siamo specialisti.
Sta di fatto che molte persone avvertono situazioni di malessere nutrendosi di determinati alimenti. E la cosa appare veramente curiosa. Dopotutto l'uomo si è evoluto con il grano, che lo ha accompagnato nella sua evoluzione dal neolitico in poi.
E fino a pochi anni fa era raro sentire di qualcuno che non potesse consumare latte (anche se le popolazioni non nordiche portano geneticamente una percentuale - talora anche rilevante - di manifestazioni di intolleranza).
Che sia successo qualcosa alla qualità dei prodotti?
Molti lo sostengono - a noi, in questa sede, non interessa parlarne.
Di certo sappiamo che se qualcuno non intollerante vuole un frumento nazionale e/o antico ci pare giusto fornirglielo (al prezzo giusto) - lo stesso si dica per un latte di qualità. E a chi è o si sente intollerante sarà giusto fornire latte di riso, di soia o quant'altro sia utile per la sua dieta.
Noi crediamo che il mercato italiano (e non solo) oggi chieda qualità. E che questa qualità possa venire fornita dagli agricoltori italiani. E' una grande opportunità e sta alla industria e all'agricoltura nazionali - assieme - saperla sfruttare, per uscire dall'omologante e logorante mercato delle commodities.