La trattativa per la definizione dell’accordo quadro sulla campagna del pomodoro da industria non è mai stata così tesa, difficoltosa, improduttiva, esasperando ulteriormente le crescenti criticità del comparto, a sottolinearlo è Confagricoltura Piacenza, che si appella nuovamente, a distanza di una settimana, al ruolo delle Op. 

“Le Organizzazioni dei Produttori hanno ritenuto di sospendere le semine, da parte nostra era preferibile una riduzione progressiva su tutte le settimane di semina ed in questo si era espressa la nostra pressante richiesta – sottolinea l’Associazione degli imprenditori agricoli - ma a loro chiediamo di più: devono essere ferme nel tutelare gli interessi di chi rappresentano”. 

L’accordo è lontano perché gli agricoltori non possono, in questo momento, vedersi cambiare le carte in tavola con un quadro di riferimento che peggiora tempi di pagamento, parametri qualitativi e definisce prezzi svincolati dai costi produttivi: questo l’amaro commento di Confagricoltura Piacenza, di fronte all’ennesimo sostanziale nulla di fatto scaturito dagli ultimi incontri.  

Ad oggi, rileva l’Associazione, sono state avanzate proposte non condivisibili né nel metodo né nel merito. Non dimentichiamo, inoltre, che fronte di un prezzo di riferimento che ancora manca sono, invece, già ben consistenti gli aumenti dei costi produttivi, peraltro da anni costantemente crescenti e l’incremento della tassazione a carico del settore. Le aziende quest’anno devono fare i conti con l’Imu sui terreni, le quotazioni del gasolio agricolo alle stelle, gli agrofamarci con costi sempre più proibitivi. 

Per la prossima campagna diversi principi attivi usciranno dal disciplinare di produzione e quelli nuovi dovranno rispondere a criteri che porteranno sì a standard elevati, ma a fronte di maggiori costi. Il rischio di rinunciare agli investimenti nel settore è poi legato anche alla difficoltà ad ottenere credito dalle banche. Sulla base di queste considerazioni, l’assemblea dei produttori aderenti a Confagricoltura Piacenza aveva, già da alcune settimane, espressamente richiesto una riduzione del 25% delle superfici coltivate a pomodoro da industria rispetto al 2011. 

“Il rischio concreto – conclude la nota dell’Associazione - è quello di interrompere la filiera del pomodoro da industria, fiore all'occhiello del made in Italy nel mondo. Del resto, in questo contesto, è corretto iniziare a prendere in considerazione una variazione dei piani colturali privilegiando altre colture, a minor valore aggiunto, ma anche meno onerose in termini d’investimenti e di gestione, come il mais. E’ auspicabile che l’incontro di questa sera con l’assessore Rabboni sia funzionale a ricostruire un clima di dialogo che porti ad un risultato concreto”.