"Le proposte della Commissione appaiono complessivamente insoddisfacenti. Le nuove misure inserite nelle proposte, a partire dagli obblighi ecologici, comportano nuovi oneri per le imprese ed un grande carico burocratico, senza comportare reali benefici per l'ambiente".
Così il ministro Saverio Romano dopo la presentazione a Bruxelles delle proposte per la riforma della Pac.

"Tutto l'impianto è caratterizzato da una forte complessità burocratica e da una eccessiva rigidità, che mal si adatta alla grande diversità dei modelli produttivi presenti in Europa. Mancano misure dirette ad accrescere la competitività delle imprese e strumenti idonei a fronteggiare l'instabilità dei mercati. Anche le disposizioni per migliorare il funzionamento della filiera e la trasparenza delle informazioni per i consumatori non soddisfano le aspettative".

Soddsfazione per il capitolo degli aiuti. "Anche per effetto dell'azione condotta dall'Italia - ha dichiarato Romano - è stata accantonata l'ipotesi di una distribuzione degli aiuti comunitari correlata esclusivamente alla superficie agricola dei Paesi membri. Questa soluzione avrebbe penalizzato pesantemente i nostri agricoltori, togliendo ogni valore al lavoro ed alla qualità dei prodotti realizzati".


Ancora più netto, nel suo giudizio fortemente critico, Paolo Bruni, presidente della Cogeca. “Per raggiungere gli obiettivi di una maggiore competitività dell’agricoltura europea, della garanzia di approvvigionamento alimentare e della stabilità dei redditi dei produttori, occorrerà lavorare profondamente sulle proposte della Commissione”, ha dichiarato.
Secondo Bruni, tre sono le priorità. “In primo luogo prevedere efficaci strumenti di gestione delle crisi, indispensabili in un’agricoltura globalizzata, che renderà sempre più ricorrenti tali situazioni”. “Dobbiamo poi – ha proseguito – perseguire con maggiore incisività l’obiettivo di riequilibrio della catena alimentare a favore degli agricoltori: in tal senso, salutiamo con favore l’estensione del ruolo delle Organizzazioni di produttori, ma a condizione che si precisi che devono gestire e commercializzare il prodotto dei soci, come fanno le nostre cooperative”. “Urge infine – ha sottolineato Bruni – adeguare le regole della concorrenza per consentire a cooperative e Op di essere più competitive sul mercato".
In conclusione, Bruni ha osservato come la mancanza di un quadro finanziario definito per i prossimi anni costituisca “un grande limite".

“Insoddisfacente” per il presidente della Cia - Confederazione italiana agricoltori, Giuseppe Politi. “E' condizionata dal pesante e ingiustificato taglio delle risorse per l’agricoltura. In questo modo si compromette qualsiasi sviluppo e si mette a rischio la stessa competitività. Fortemente penalizzati saranno gli agricoltori italiani, con migliaia di imprese in grave pericolo”.
“E’ una proposta di budget che va assolutamente ridiscussa e rivista. L’agricoltura del nostro Paese - ha detto Politi - pagherebbe un dazio insostenibile, con un taglio complessivo degli interventi di circa il 25 per cento".

Dello stesso segno - sempre negativo - il commento di Confagricoltura. Per l'organizzazione le proposte delineano una Pac che non sostiene l’impresa agricola, sacrificandone l’efficienza economica, aggravandone gli oneri amministrativi e riducendone la possibilità di contribuire nei prossimi anni all’auspicata e necessaria crescita del Pil nazionale. Una proposta - si legge in una note - in totale contraddizione con le esigenze di crescita produttiva e di mantenimento di scorte strategiche, indicate sia dalla Fao che dal G20.

"La proposta così come è non va bene e si prospetta ora una trattativa tutta in salita, ma è certo che siamo pronti a mettere in campo ogni azione utile per realizzare una riforma della Pac più equa e giusta".
E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini. "In un momento di forte crisi economica le risorse vanno indirizzate verso un'agricoltura che dà risposte in termini di competitività, occupazione, sicurezza alimentare e soprattutto verso chi l’agricoltura la fa sul serio e ci vive”.
Invece di definire gli agricoltori attivi in base a quello che effettivamente fanno, il testo li definisce - denuncia Marini - solo in base alla quantità di aiuti che ricevono premiando così le rendite e le dimensioni e non certo il lavoro e gli investimenti.
La proposta prevede una riduzione del budget "che l’Italia non merita. In gioco ci sono circa 6 miliardi di fondi comunitari all’anno per i prossimi sette anni, ma soprattutto il futuro di 1,6 milioni di imprese agricole che danno occupazione a un milione di dipendenti".