I pascoli, segnati dalla siccità estiva e autunnale, stanno mettendo in crisi la pastorizia Umbria, in particolare gli allevatori di pecore di razza sarda.

A lanciare l'allarme è la Cia Umbria, che riporta le problematiche legate alla mancanza di disponibilità di erba fresca nei pascoli, che pesa in maniera particolare sull'allevamento di questa razza.

Nelle pecore sarde, come viene spiegato dall'associazione di categoria, la produzione di latte è stimolata dal pascolo su erbai freschi, e non anche con foraggi secchi come accade con altre razze. Per avere pascolo tutto l'anno, gli allevatori seminano in primavera erbai poliennali come erba medica, trifoglio e violetto.

Poi in tarda estate, tra agosto e settembre, vengono seminati gli erbai annuali, principalmente costituiti di incarnato. Le prime piogge e le temperature miti favoriscono lo sviluppo dell'impianto, così da poter portare le pecore al pascolo alla fine dell'autunno, in inverno e in primavera.

Ma quest'anno la siccità estiva ha causato riduzioni drastiche di produzione e anche disseccamenti di erbai già radicati, mentre la mancanza di piogge ha fatto germogliare tardi quelli annuali seminati a settembre, che ora risultano ancora troppo poco sviluppati, con piantine con appena alcune foglie, e non in grado di fornire erba a sufficienza.

E con l'arrivo dei freddi invernali lo sviluppo degli erbai rimarrà bloccato se va bene almeno fino all'aprile prossimo. Il tutto senza contare i danni causati dai cinghiali sugli erbai rimasti.

Una situazione che sta mettendo a rischio la pastorizia umbra, dal momento che le pecore stanno iniziando ad andare in asciutta per mancanza di erba fresca, mentre anche le riserve di foraggio stoccato rischiano di esser insufficienti e i prezzi delle materie prime stanno facendo aumentare in maniere insostenibile il costo dei mangimi.

A rischio, come riportano gli allevatori, c'è l'intera stagione produttiva del latte che va da novembre a luglio.

Una situazione che, come riporta Matteo Bartolini presidente di Cia Umbria, sta portando anche ad una riduzione della presenza degli animali all'aperto sui pascoli, con ripercussioni anche sul benessere animale, sulla sostenibilità economica degli allevatori e sulla qualità del prodotto finale.

Una situazione per la quale l'associazione di categoria chiede nuovi e più adeguati strumenti nella nuova programmazione comunitaria per rispondere a queste difficoltà.