Secondo un’analisi effettuata dall’Osservatorio economico di Confai Academy, la corporate university agricola con sede a Bergamo, il principale nemico per la futura espansione del settore lattiero nella provincia begamasca è l’applicazione della “direttiva nitrati”, vale a dire la normativa europea che impone alle aziende agricole notevoli vincoli nello spandimento dei liquami. “La direttiva comunitaria n. 91/676 – ricorda Enzo Cattaneo, segretario generale di Confai Academy – ha fissato il vincolo di 170 kg di azoto per ettaro in un anno, spandibili sotto forma di liquami. Ciò significa che, per aumentare la produzione, un allevatore deve aumentare la superficie aziendale in modo da non sforare i limiti imposti dalla norma. Tuttavia gli oltre 950 allevamenti bergamaschi hanno già raggiunto abbondantemente il massimo livello di carico zootecnico consentito e il trend di terreno disponibile è in diminuzione. La superficie agricola utile di pianura è diminuita dai 38.500 ettari del 2006 ai poco più di 37.000 ettari attuali”.

Quali prospettive si aprono ora per il settore? “Il punto è che tra poco più di un anno sarà decretata la fine del regime di quote di produzione, stabilita dall’Unione europea per il 31 marzo del 2015 – afferma Roberto Valota, rappresentante della Sezione zootecnica di Abia Confai -. Ciò significa che in diverse aree europee con maggiore disponibilità di terreno, tra cui i Paesi comunitari dell’Europa centro-orientale, si potrebbe scatenare una corsa all’aumento delle produzioni, causando una perdita di competitività per gli allevatori bergamaschi e lombardi, che vedrebbero calare il prezzo del prodotto senza poter compensare tale contrazione con la ricerca di economie di scala”.

L’associazione bergamasca delle imprese agromeccaniche e agricole, sostenuta dalla propria confederazione nazionale Confai, ha già preso posizione per sollecitare l’avvio di una revisione nell’applicazione dei parametri della direttiva sul territorio lombardo. “La nostra associazione – rende noto il presidente di Abia-Confai, Leonardo Bolis – appoggia l’iniziativa dell’amministrazione regionale per riconsiderare i criteri sui nitrati applicati alla Lombardia attraverso un dialogo diretto con l'Europa. Il limite ‘burocratico’ dei 170 chilogrammi per ettaro l’anno di azoto di origine zootecnica di per sé ha poco senso e rischia solo di criminalizzare un comparto che non è certo popolato da nemici dell’ambiente. Occorrerebbe invece modulare tali limiti in rapporto al reale fabbisogno azotato di ogni coltura praticata dall'azienda agricola. Ecco allora che in una provincia come la nostra, in cui il principale prodotto agricolo è il mais, i vincoli reali di immissione di azoto apparirebbero molto meno stringenti”.

Altrimenti, conclude il rapporto di Confai Academy, continuerà a perpetuarsi una situazione che ha ormai assunto contorni paradossali: gli allevatori non sanno dove spandere il surplus di fertilizzanti naturali, ossia di liquami, ma sono autorizzati a sopperire alle esigenze di azoto delle colture con dosi supplementari di fertilizzanti chimici.