Per uscire dalla morsa della crisi il settore dei bovini da carne ci riprova con il Sistema di qualità nazionale (Sqn), una strategia che potrebbe assicurare un duplice vantaggio.
Innanzitutto, informare il consumatore sulla provenienza delle carni, elemento da non sottovalutare sia alla luce dei recenti scandali alimentari sulla carne di cavallo che per la volontà dell’Unione europea di eliminare l’etichettatura d’origine per le carni bovine, sostituendola con un generico marchio “made in Ue”.
Parallelamente, assicurare una visibilità alla filiera italiana, nella speranza prima o poi di ottenere un rimbalzo positivo sulla redditività degli allevamenti.

“Abbiamo inoltrato ieri alcune modifiche al disciplinare, come ci ha richiesto il ministero delle Politiche agricole – anticipa Fabiano Barbisan, presidente di Unicarve e del consorzio di secondo grado Italia Zootecnica, che ha presentato al Mipaaf la domanda per l’Sqn sul vitellone ai cereali -. Speriamo che, trattandosi solo di revisioni di natura tecnica, il via libera da Roma arrivi prima di agosto e la pratica sia approvata dall’Unione europea entro il prossimo ottobre”.

Una tempistica che Antonio Zampedri, presidente del consorzio AB Carni di Bagnolo Mella (Brescia), definisce “troppo ottimistica”. Se va bene, insomma, “si potranno avere notizie non prima della fine dell’anno, ma ad essere molto ottimisti”.
La posizione del numero uno del consorzio bresciano è piuttosto scettica nei confronti del Sistema di qualità nazionale. “Abbiamo problemi ben più seri, come il calo del numero di allevamenti – dice Zampedri -. Nel 2013 abbiamo perso il 30% degli allevamenti, stritolati da costi di produzione eccessivi e un mercato debole, aggravato dalla crisi dei consumi”.
Morale, si perdono dai 200 ai 300 euro per toro. E su questa posizione nessuna divergenza di vedute fra Barbisan e Zampedri.

“Con uno scenario così drammatico – si interroga il presidente bresciano – chi potrà applicare l’Sqn, quando poi non ci sono adeguati accordi di filiera e la filiera preferisce la carne estera a quella italiana?”.
Il timore che poi il Sistema di qualità nazionale si tramuti nel flop vissuto dalla filiera suinicola all’epoca del Gran suino padano, operazione per ottenere la Dop sulle carni fresche, che venne cassata brutalmente da Bruxelles, per Zampedri è forte.

Secondo il presidente di Italia Zootecnica, che per il 29 giugno ha organizzato un meeting della carne bovina a Padova, il Sistema di qualità nazionale è uno strumento di estremo interesse, “da integrare all’interno di un Piano carni bovine, che rilanci contemporaneamente la bovinicoltura italiana”.
Lo scopo è quello di “arrivare ad avere un mercato dei ristalli alternativo alla Francia”. Determinante, secondo Barbisan, la collaborazione degli allevatori di vacche da latte. “Se i produttori di latte utilizzassero seme sessato per ottenere vitelle – spiega Barbisan – potremmo avere metà uteri liberi per fare incroci con razze da carne e mantenere viva anche la zootecnia nelle aree pedemontane e nei pascoli”.