E' sceso in campo anche l'assessore all'agricoltura della Regione Veneto, Franco Manzato, per lamentare la riduzione dei tempi per adeguare gli allevamenti di galline ovaiole ai dettami di Bruxelles in tema di benessere animale. Gli “strali” dell'assessore sono rivolti al ministro delle Politiche agricole, “reo” di aver anticipato a metà 2013 le scadenze che prima erano fissate a fine 2014. Alle proteste dell'assessore Veneto, regione a forte densità avicola, si sono aggiunte quelle del Piemonte e poi della Lombardia e dell'Emilia Romagna. Non a caso, tutte regioni dove l'allevamento avicolo riveste una non trascurabile importanza economica, e dove l'applicazione delle norme europee è vista con preoccupazione. «Stiamo parlando di investimenti consistenti e impegnativi - ha affermato Manzato - a cui dovranno far fronte le aziende, in un periodo di crisi che sta già seriamente minacciando la loro attività. E stiamo parlando di imprenditori che, con senso di responsabilità avevano intrapreso un percorso di adeguamento alle misure previste dalla normativa europea per garantire il benessere animale, pur considerandole, e io concordo con loro, eccessive. Ma è intollerabile che si cambino in corsa le regole del gioco, obbligando gli operatori a completare in metà tempo quello che era già stato pianificato di realizzare entro una determinata data».
Pensarci prima, no?
Nulla da eccepire alle parole dell'Assessore, ma allo stesso tempo occorre ricordare che i tempi per l'adeguamento degli allevamenti è scaduto con il 31 dicembre 2011. Senza dimenticare che la direttiva comunitaria risale al 1999, recepita in Italia con il Decreto legislativo 267/03, ormai “vecchio” di quasi dieci anni. Dunque l'anticipo delle scadenze che hanno sollevato le ire degli assessori riguardano la proroga chiesta dall'Italia per gli allevamenti che al primo gennaio del 2012 avevano avviato i lavori di adeguamento, senza però completarli. Proroga che l'Italia ha chiesto, ma che Bruxelles non ha concesso, tanto che la procedura di infrazione è già avviata. L'anticipo al 2013 è solo l'ultimo tentativo del Mipaaf di evitare che alla fine l'Italia sia sanzionata da Bruxelles. Tentativo che difficilmente raggiungerà l'obiettivo, perché da tempo si sapeva che una proroga non ci sarebbe stata. Lo aveva ricordato Agronotizie a più riprese, invitando a non riporre speranze in un rinvio nella applicazione delle norme.
Cattive abitudini
Ma perché, è lecito chiedersi, pur avendo a disposizione tanti anni gli allevamenti non hanno adeguato i loro impianti? Prima si è sottovalutato il problema, lasciando che Bruxelles legiferasse sulla materia senza assumere posizioni contrarie o chiedendo correttivi. Poi è prevalsa la convinzione che un rinvio avrebbe sistemato le cose. Così non è stato, ora lo si sa. Ma la colpa non è solo degli allevatori, anzi! Prima in sede di discussione delle norme, poi nella fase di applicazione delle stesse, nessuno ha cercato di “accompagnare” i produttori verso un aggiornamento dei loro impianti. A onor del vero nel dicembre 2010, ma solo 12 mesi prima della scadenza dei termini, l'assessore all'Agricoltura dell'Emilia Romagna, Tiberio Rabboni, si fece portavoce di alcuni suoi colleghi nel proporre al ministero un programma di adeguamento degli allevamenti. Appello caduto nel vuoto. Se lo stesso appello fosse stato fatto anni prima, sarebbe forse andata diversamente. Quanto meno sarebbe stato più semplice trovare risorse economiche per sostenere i costi, importanti, ai quali gli allevamenti sono costretti. Oggi risorse non ce ne sono. Ed è tardi per “strillare”, bisognava farlo prima. E fra pochi mesi sarà il turno dei suini. Con il primo gennaio del 2013 gli allevamenti dovranno adeguarsi alle nuove norme sul benessere. Agronotizie ne ha parlato a più riprese. Inutile contare su un rinvio. O mettersi a strillare. Dopo.