“Il prezzo giusto è quello che permette all’azienda di continuare a produrre latte. E’ questo il presupposto che dovrà sopravvivere alla base delle trattative tra allevatori ovicaprini ed industria di trasformazione che “dimostra, con il suo atteggiamento, la totale mancanza di volontà di arrivare ad un confronto che parta dall’analisi reale dei costi aziendali”.

La tregua, tra i due anelli fondamentali della filiera casearia, durata appena il tempo di un’estate, sembra già finita a meno di un nuovo accordo lampo, entro la fine dell’anno. E’ già nel vivo la nuova stagione di trattative che anche nel pisano, in particolare nel volterrano e nella Val di Cecina dove è concentrato il 75% del patrimonio ovicaprino, rischia di infiammarsi a tempo record. Stagione destinata ad aprirsi anche nel pisano dove Coldiretti sta programmando, al fine di informare con tempestività le imprese, un ciclo di assemblee.

Gli allevatori non chiedono la luna ma semplicemente “un prezzo minimo garantito sulla base di griglie e parametri ben definiti – spiega Aniello Ascolese, direttore provinciale Coldiretti - gli allevatori sono costretti, non certo per volontà loro, a subire costi di produzione sempre maggiori scatenati dall’effetto, per esempio, del caro mangimi, a fronte di un prezzo del latte alla stalla non remunerativo. Serve equilibrio perché così, in queste condizioni, le imprese non hanno la forza di restare sul mercato e per garantire tutta una serie di servizi spontanei al territorio come la tutela del paesaggio e dell’ambiente”. 

Tra i punti contestati dagli allevatori all’industria “la volontà ad organizzarsi direttamente nel settore della trasformazione e della commercializzazione”. Difetti che condizionano, attraverso una sorta di effetto domino, tutta la filiera partendo da chi sta al primo anello: gli allevatori.