Il prezzo del Grana Padano è in ripresa e sfiora i 7 euro al chilo. Ancor meglio la situazione del Parmigiano Reggiano che ha già superato quota 9 euro al chilo per le produzioni sino a 24 mesi di stagionatura. E se va bene per i due formaggi al top della nostra tradizione casearia va bene anche per il prezzo del latte. Non è un caso, dunque, se industrie del latte e allevatori sono riusciti finalmente a siglare un accordo per il prezzo del latte, fissato per i prossimi sei mesi a 33,156 centesimi al litro. Un accordo che vale per la Lombardia, come abbiamo riferito nel precedente numero di Agronotizie, ma che è destinato a fare da apripista ad analoghi accordi nelle altre Regioni. L'ultima intesa sul prezzo del latte era stata siglata nel 2007 ed anche allora le parti si accordarono per un prezzo di circa 33 centesimi. Andando a riguardare le quotazioni del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano nel 2007 (grafici interessanti si possono trovare su Clal) si scopre che le quotazioni di questi due formaggi erano ben più basse. Per il Parmigiano Reggiano i prezzi oscillavano fra i 7 e gli 8 euro e per il Grana Padano si  arrestavano sotto i sei euro. Se ci fermiamo qui, l'accordo siglato a Milano nella notte dell'11 gennaio segna un punto a tutto vantaggio delle sole industrie. Ma nella valutazione dei pro e contro va ricordato quanto sia importante aver raggiunto comunque un accordo, che mancava da due anni e che aveva lasciato gli allevatori da soli nella contrattazione con le industrie.

 

Favorevoli...

Ecco perché all'indomani dall'accordo sul prezzo del latte in Lombardia da più parti si sono levate parole di soddisfazione per il risultato raggiunto, a iniziare dal ministro dell'Agricoltura, Luca Zaia che ha anche ricordato le iniziative a sostegno del settore, fra le quali i 40 milioni di euro destinati agli allevatori per il latte di qualità.
Positivo il giudizio di Coldiretti, pur consapevole che i problemi del settore sono ancora tutti da risolvere, in primo luogo la valorizzazione delle produzioni italiane da tutelare con l'indicazione della provenienza in etichetta.
L'accordo lombardo, a parere della Cia, va salutato come un segnale di stabilità per le imprese e anche come apripista per altre intese nelle diverse realtà regionali. La conferma arriva dall'assessore all'Agricoltura della Regione Piemonte, Mino Taricco, che annuncia l'avvio dei primi contatti per convocare il tavolo regionale piemontese sul latte. “Un primo passo per più proficue relazioni interprofessionali, tese a valorizzare tese a valorizzare la produzione nazionale, la sua peculiarità e la sua riconosciuta qualità”, questa l'opinione espressa da Confagricoltura.
Per Nino Andena, presidente della Coldiretti Lombardia e presidente dell'Associazione italiana allevatori, “il latte italiano vale di più e per questo si deve arrivare in fretta alla tutela delle nostre produzioni attraverso l'indicazione obbligatoria dell'origine del latte”.

 

...e contrari

A chi invece il prezzo stabilito dall'accordo proprio non piace è Copagri Lombardia che contesta anche i metodi con i quali l'accordo è stato raggiunto tanto da definirlo privo di base giuridica non essendo siglato in alcuna sede istituzionale. Su posizioni critiche anche il presidente della sezione latte dell'Unione Agricoltori (Confagricoltura) di Piacenza, Filippo Gasparini, a parere del quale l'accordo rappresenta sì un miglioramento ma non riconosce il balzo in avanti delle quotazioni di Parmigiano Reggiano e Grana Padano. Da Piacenza ai alza anche la voce critica di Marco Lucchini, presidente dell'Associazione piacentina latte, che dalle pagine del quotidiano “Libertà” critica l'accordo per la sua durata (“impossibile fare previsioni per un periodo così lungo”) e per i criteri con i quali è stato raggiunto (“la parte agricola che lo ha firmato non ha titolo per stipularlo”). 

 

Qui ci vuole l'indicizzazione

Nell'inevitabile, e scontata, contrapposizione fra favorevoli e contrari all'accordo, vale la pena rispolverare il progetto di indicizzazione del prezzo, che vede molti sostenitori, fra i quali Unalat. Ne parliamo perché in questo nuovo scenario dominato da prezzi del latte sempre più volatili è necessario cambiare le “regole del gioco” e una via di uscita potrebbe essere quella di legare il prezzo del latte agli andamenti del mercato, scegliendo parametri di riferimento come i costi di produzione e le quotazioni dei formaggi. La difficoltà sta nel trovare un “paniere” che offra garanzie agli allevatori e margini alle industrie. Potrebbe essere una via di uscita per non ritrovarsi ancora una volta sulle barricate quando nel prossimo giugno sarà in scadenza l'accordo che allevatori e industrie hanno appena siglato