Costi di produzione che aumentano più dei prezzi di mercato con il risultato di avere  aziende sempre più indebitate. E' questa la “fotografia” degli allevamenti di bovini da latte e da carne scattata dal Rapporto carne e dal Rapporto latte 2008, due pubblicazioni presentate il 15 dicembre nella sede di Veneto Agricoltura a Legnaro, nei pressi di Padova.  Entrambi i Rapporti sono stati realizzati  dall’Osservatorio sul mercato dei prodotti lattiero-caseari su incarico dell’Associazione Italiana Allevatori (Aia). Due documenti importanti per tratteggiare il profilo e l'evoluzione di un settore economico che rappresenta in termini di fatturato complessivo ben 36 miliardi di euro e che dunque assume una posizione centrale nell'economia agricola del nostro Paese.

In questa catena del valore la componente produttiva si aggiudica però solo una parte modesta, lasciando che a industria e commercializzazione vadano le “fette” più cospicue dell'intera torta. “Nel corso del 2007 – ha spiegato Daniele Rama, direttore dell’Osservatorio – i prezzi all’origine di latte e carne sono sì aumentati, ma non quanto i costi produttivi. E questo ha ulteriormente eroso la redditività delle nostre stalle”. Entrando nel dettaglio delle analisi riportate dal “Rapporto latte” i costi di produzione del latte sono aumentati dell' 8% mentre i prezzi sono cresciuti in misura più modesta, solo il 6,5%. E sarà interessante conoscere, il prossimo anno, i risultati dell'annata in corso con l'impennata dei costi di roduzione e la caduta del prezzo del latte. Le difficoltà registrate nel 2007 dal “Rapporto” sono infatti destinate ad aumentare come ha tenuto a ricordare a conclusione dell'incontro il presidente degli allevatori, Nino Andena. “I dati oggi presentati – ha detto Andena - dimostrano chiaramente la fondatezza delle nostre preoccupazioni, tanto più che il settore lattiero deve ancora fare i conti con le decisioni prese recentemente a Bruxelles, in occasione dell’Health check”.

 

Che ne sarà del prezzo del latte

Nella prossima campagna lattiero casearia bisognerà infatti valutare quali saranno le conseguenze dell'aumento dell' 1% della quota latte generalizzato per tutti i Paesi della Ue, che potrebbe portare ad un incremento delle produzioni e di conseguenza ad una flessione del prezzo. Sul mercato interno peserà poi l'aumento del 5% della quota latte concesso all'Italia e per il quale si attendono i criteri di ripartizione.

 

Peggio la carne

I problemi non riguardano solo il comparto del latte, ma coinvolgono e in misura persino più pesante, anche quello della carne. Tanto più che la peculiarità dell'allevamento italiano, prevalentemente rappresentato da allevamenti da ingrasso, lo rende dipendente dalle importazioni di vitelli  da una parte e dagli andamenti del latte dall'altra e dunque assai vulnerabile alle oscillazioni del mercato. Tanto che la sopravvivenza degli allevamenti di bovini da carne è in molti casi legata alla presenza dei sostegni messi a disposizione dalla Ue e alla cui modulazione, con la riforma in atto, si guarda con molta preoccupazione.

Una situazione pesante, dunque, quella che si presenta per il comparto dell'allevamento bovino in Italia, come ha tenuto ad evidenziare Renato Pieri, dell'Università di Piacenza, coordinatore e curatore dei “Rapporti”. “E' dalla primavera di quest’anno – ha detto Pieri – che i prezzi alla produzione sono scesi, ma non quelli al consumo. La domanda risulta quindi in flessione, soprattutto per quanto riguarda alimenti di alta qualità come formaggi Dop e carni Igp, e questo non manca di ripercuotersi negativamente sulle fasi più a monte della filiera”.

 

Sempre meno stalle

Il risultato si traduce nella riduzione del numero di aziende zootecniche in attività, una tendenza già registrata nelle precedenti edizioni del “Rapporto”, che ha come conseguenza la concentrazione degli allevamenti in alcune zone, come accade per Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna. Sono tutte aree dove le condizioni consentono quella riduzione dei costi di produzione indispensabile alla sopravvivenza delle aziende. Ma all'orizzonte si profila l'applicazione della Direttiva nitrati, con il dimezzamento del carico di azoto nei terreni, un obbligo che potrebbe tradursi nella chiusura di molti allevamenti. Una minaccia che occorre scongiurare e si spera che la  prossima edizione del Rapporto latte del Rapporto carne, quella targata 2009, non debba altrimenti essere testimone di un'ennesima e più grave crisi degli allevamenti italiani.