I prezzi praticati dall’industria al ritiro, attualmente, per castagne che non presentano anomalie, sono attestati intorno ad un massimo di 4,64 euro al chilogrammo al netto dei costi di transazione, che sono anche i valori dati dal Centro agroalimentare di Roma fino alla giornata di ieri, dove per altro non sono ammesse al mercato castagne con anomalie. Le aziende di trasformazione penalizzano poi molto i prezzi per le castagne sospettate di patologia fungina, con valori che vanno - su castagne coltivate in provincia di Avellino - da 2 euro al kg per il prodotto con anomalie di poco superiori al 10% ad euro 1,20 al kg per quelle con anomalie pigmentose dell’endocarpo al 30%.
La presenza di piogge estive piuttosto intense e frequenti soprattutto in agosto, ha come noto provocato l’insorgere della problematica dei funghi patogeni. Molte le segnalazioni: per Fersa del castagno, Gnomoniopsis Spp., tra le quali figura la Gnomoniopsis Discula Pascoe trattata nell'articolo. E ancora: Sclerotina Ps e Phomopsis castanea.
L’allarme per una importante quota di castagne affette quindi da marciume, e non edibili, è diffuso lungo tutta la penisola: soprattutto dal Centro Italia in giù, dove più frequenti ed insistenti sono state le piogge in agosto: dall’Amiata, in Toscana, fino agli areali di produzione del casertano, dell’avellinese e del salernitano in Campania, passando per il Vulture in Basilicata. A rendere la situazione oggettivamente difficile, ci si mette anche la mancanza di metodi di rilevamento rapido, in grado di confermare la presenza o meno di marciume nelle castagne che presentano anomalie, che, secondo molti operatori, andrebbero individuati dal ministero delle Politiche agricole e dal Crea.
Coldiretti Campania grida alla speculazione, ma chiede lo stato di calamità
Intanto, Coldiretti Campania denuncia l’allarmismo diffuso sulle castagne campane per la presenza di patologie fungine, parlando apertamente di tentativo di speculazione sui prezzi, e al tempo stesso ammette la presenza del problema e si dice pronta a chiedere lo stato di calamità: “La muffa colpisce tra il 10 e il 30% della raccolta" è scritto in una nota stampa dell’organizzazione agricola diffusa ieri.Nella nota di Coldiretti Campania si stima che in regione il raccolto quest’anno sarà tra il 20 ed il 30% del potenziale regionale, non più di 86mila e cinquecento quintali, contro una media storica ante cinipide del castagno di oltre 288mila quintali, che faceva della regione la prima produttrice in Italia.
Coldiretti Campania, per bocca del direttore Salvatore Loffreda si chiede: “A chi giova raccontare che le castagne della Campania sono marce e inutilizzabili? Tra poco cominceranno ad arrivare le castagne dalla Spagna e dal Portogallo e suona sospetto l'intervento di chi dichiara la presenza diffusa del marciume nei frutti”.
L'appello di Coldiretti ai trasformatori
Loffreda inoltre sottolinea: “Tuttavia i castanicoltori stanno già adottando gli strumenti per limitare il danno, adottando la raccolta precoce del prodotto a terra, il conferimento giornaliero, il non utilizzo di contenitori e ambienti che aumentano umidità e temperatura, la trasformazione e la lavorazione in giornata, la diversificazione delle fasi di selezionatura del prodotto e i test di presenza continui. L'allarmismo rischia di compromettere gli sforzi per garantire prodotti di alta qualità. Coldiretti invita l'agroindustria e tutti gli attori della filiera a fare il massimo sforzo per difendere le castagne di qualità, isolando i tentativi di far crollare i prezzi”.Coldiretti Campania, infine, nella stessa nota avverte che l’organizzazione “si sta già attivando presso la Regione per chiedere di continuare a supportare il comparto, attraverso azioni di conclamazione della calamità e attraverso la creazione di un tavolo fitosanitario in grado di stimolare e supportare i ministeri preposti alla registrazione di prodotti fitosanitari che possano aiutare a difendere i castagneti sia per l'agricoltura integrata che biologica”. Affermazione che lascia intendere come Coldiretti abbia contezza del fatto che in alcuni areali le muffe sono presenti ben al di sopra del 30%, limite al di sotto del quale non è possibile pervenire alla declaratoria di stato di calamità.