La Danimarca è il Paese che a livello europeo, e probabilmente mondiale, ha la più alta attenzione nei confronti della tutela della natura e della sostenibilità ambientale. Te ne accorgi quando guidando tra le stradine di campagna sui tetti delle case vedi una distesa di pannelli solari, quando nei negozi le confezioni sono prodotte rigorosamente con materiali riciclati e frutta e verdura biologici e a chilometro zero spopolano sugli scaffali.

 

Non c'è da stupirsi dunque che il Governo danese, in accordo con le Ong ambientaliste e le associazioni degli agricoltori, abbia varato il cosiddetto Green Tripartite Agreement, un accordo vincolante che ha come obiettivo quello di riportare allo stato naturale il 15% delle aree coltivate (che coprono il 60% del Paese) e di tassare le emissioni di CO2, soprattutto degli allevamenti. Un accordo, diventato legge, che in ogni altro Stato europeo sarebbe stato accolto dagli agricoltori con proteste e trattori in piazza e che invece qui, in Danimarca, sembra essere stato accettato con favore.

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Per capire come stanno le cose e valutare gli impatti della Pac sul tessuto rurale siamo volati a Copenaghen, attualmente alla presidenza del Consiglio Ue, invitati dalla Direzione Agricoltura della Commissione Europea, per incontrare alcuni agricoltori e capire perché l'idea di perdere terra coltivabile e veder aumentare le tasse non è poi così spaventosa.

 

Incontriamo Frank Keinicke Nielsen, trentaquattro anni, nella sua azienda agricola di Reerslevvej, un'ottantina di chilometri a Ovest di Copenhagen. Nielsen è proprio come ci si aspetta un agricoltore danese: alto, sorridente, spalle larghe. Dal 2022 guida l'azienda di famiglia, 340 ettari di seminativi, su cui produce grano, orzo, colza, pisello proteico, segale e altre colture minori. Nella sua rimessa spicca un Case IH 230 CVX con gommatura doppia, utile per affrontare i terreni fangosi di questa regione.

 

Frank Keinicke Nielsen ricerca la sostenibilità ambientale, ma non in maniera dogmatica. "Alcuni terreni sono arati, altri no, dipende dalla coltura che devo seminare, dal suolo e dall'andamento climatico. Su tutti i campi però semino le cover crop, obbligatorie in Danimarca, e utilizzo la guida assistita e le mappe di prescrizione per cercare di ottimizzare l'impiego di agrofarmaci e fertilizzanti".

 

Quando gli chiediamo se sia certificato biologico Frank scuote il capo, "ci sono regole troppo stringenti. Inoltre qui da noi non esistono aziende miste, se vuoi essere biologico, tutta la superficie aziendale deve essere certificata".

 

Nonostante questo l'attenzione alla sostenibilità è elevata: semina essenze di interesse apistico ai bordi dei campi, realizza "insect hotel" con le balle di paglia danneggiate, utilizza, oltre a concimi di sintesi, anche letame bovino e digestato. Questo ultimo proviene da un impianto di biogas in cui Novo Nordisk, colosso farmaceutico danese, conferisce i sottoprodotti della produzione di medicinali ed enzimi. E proprio Novo Nordisk è uno dei finanziatori privati dell'ambizioso progetto di rinaturalizzazione del 15% delle aree agricole del Paese.

 

L'attività di Frank Keinicke Nielsen è sostenuta dalla Pac, in particolare riceve, oltre al sostegno di base, anche incentivi per i giovani agricoltori e per l'acquisto di nuovi macchinari

L'attività di Frank Keinicke Nielsen è sostenuta dalla Pac, in particolare riceve, oltre al sostegno di base, anche incentivi per i giovani agricoltori e per l'acquisto di nuovi macchinari

(Fonte foto: © European Union 2025 - photographer Cornelia Smet)

 

"Il piano del Governo è ambizioso, ma non mi spaventa, sono convinto che la sostenibilità sia un valore da perseguire", ci racconta Frank mentre camminiamo nei suoi magazzini, dove stocca alcune granaglie in attesa che il prezzo aumenti. Anche qui, come in Italia, la preoccupazione numero uno è la volatilità dei mercati.

 

"I miei terreni sono di elevata qualità e non abbiamo torbiere, quindi non dovremmo essere troppo colpiti dal provvedimento. Avevamo anche un allevamento di maiali, ma lo abbiamo chiuso alcuni anni fa perché il prezzo della carne era troppo basso e non giustificava gli investimenti che si erano rivelati necessari. Questa è una buona cosa, perché la tassazione sul bestiame complicherà non poco la vita agli allevatori".

 

Poi alza le spalle, "noi agricoltori abbiamo affrontato con successo tante sfide negli anni e questa sicuramente non ci spaventa più di altre. Troveremo una soluzione". La Danimarca chiede più natura e sostenibilità, ma che cosa prevede, nel dettaglio, l'accordo siglato tra Governo danese, Ong ambientaliste e associazioni degli agricoltori?

 

A spiegarci nel dettaglio il provvedimento ci pensa Niels Peter Nørring, director of Climate and EU Policy presso il Danish Agriculture and Food Council (Dafc), la principale associazione che rappresenta gli agricoltori e le aziende agroalimentari danesi. Lo incontriamo in un hotel di Copenaghen, dove davanti ad un bicchiere di vino (italiano) ci dice ironicamente: "Siamo un po' pazzi, noi agricoltori danesi, perché altrove una legge come questa avrebbe scatenato una rivoluzione, mentre da noi ha trovato una base di consenso diffusa".

 

La Danimarca chiede più natura e sostenibilità

L'accordo prevede che entro il 2045 il 15% delle superfici agricole venga restituito alla natura, principalmente riconvertendo le zone umide e le torbiere. In queste ultime, infatti, la degradazione del materiale vegetale è lentissima, a causa delle basse temperature e della continua sommersione, che riduce il contatto con l'ossigeno. Il risultato è che la sostanza organica può raggiunge il 90% del terreno, sequestrando ingenti quantità di carbonio. Gli agricoltori potranno destinare parte dei propri campi alla rinaturalizzazione, ricevendo un ristoro, visto che Governo e donatori hanno raccolto 5,8 miliardi di euro. Oppure possono continuare a coltivare, pagando però una tassa (talmente alta da rendere questa opzione poco percorribile).

 

Oltre a questo intervento, sarà introdotta una tassa sulle emissioni di CO2 provenienti dagli allevamenti. Poniamo il caso che una vacca da latte emetta 5 tonnellate di CO2 in atmosfera. Ebbene, l'agricoltore dovrà pagare 500 euro di ecotassa. A meno che non riduca del 40% le sue emissioni (arrivando a 3 tonnellate per vacca). In quel caso scatta la sospensione dell'aggravio fiscale. Insomma, gli allevatori sono spinti ad innovare le proprie pratiche, piuttosto che a chiudere gli allevamenti.

 

Il Green Tripartite Agreement è sicuramente una vittoria per l'ambiente, ma le conseguenze di questi provvedimenti potrebbero avere ricadute non banali per l'economia del Paese. Il prezzo della terra agricola potrebbe aumentare, spinto dalla domanda di terreni più "sicuri" da un punto di vista ambientale, mentre si prevede che alcuni prodotti alimentari potrebbero diventare più costosi, a causa dell'aumento dei costi di produzione. La riduzione delle superfici e l'introduzione di tasse potrebbero inoltre ridurre la competitività delle aziende danesi, aprendo la porta a un aumento delle importazioni da Paesi meno vincolati da regole ambientali.

 

Latte sostenibile, ma a che prezzo?

A causa delle restrizioni sanitarie in vigore nel Paese, non è stato possibile visitare un allevamento bovino. Ma per capire qual è l'umore tra gli allevatori siamo stati presso una piccola cooperativa, chiamata Naturmælk, che lavora ogni anno circa 16 milioni di litri di latte biologico, provenienti da allevamenti certificati che rispettano criteri rigorosi di benessere animale e sostenibilità ambientale.

 

"I nostri allevatori sono incentivati a ridurre l'uso di antibiotici, rispettano l'accesso al pascolo per gli animali e applicano rotazioni colturali strette per mantenere la fertilità del suolo. Abbiamo deciso di inserire delle fasce inerbite per gli insetti pronubi e non utilizziamo la soia per scoraggiare la sua coltivazione in Sud America, dove è responsabile della deforestazione", ci racconta Lasse Bagge, responsabile sviluppo di prodotto della cooperativa.

 

"Il latte prodotto viene trasformato in formaggi, yogurt e burro distribuiti nelle principali catene di supermercati danesi, ma anche in Germania e Svezia. Usiamo energie rinnovabili per far funzionare gli impianti e packaging con materie prime riciclate".

 

In Danimarca le certificazioni sono essenziali per attirare acquirenti molto esigenti. Su questa confezione di latte: in basso a sinistra il marchio danese per il biologico, che si somma a quello europeo con la fogliolina verde. Poi quello di protezione animale, rilasciato dalla principale organizzazione animalista danese. La serratura verde invece indica che il prodotto è sano. Infine, il marchio

In Danimarca le certificazioni sono essenziali per attirare acquirenti molto esigenti. Su questa confezione di latte: in basso a sinistra il marchio danese per il biologico, che si somma a quello europeo con la fogliolina verde. Poi quello di protezione animale, rilasciato dalla principale organizzazione animalista danese. La serratura verde invece indica che il prodotto è sano. Infine, il marchio "Three Hearts", in alto, viene conferito per l'eccellenza nel benessere animale. Se tutti i tre cuori sono colorati, significa che l'azienda segue gli standard più rigorosi

(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)

 

Tuttavia, le sfide all'orizzonte non sono poche. "La tassazione delle emissioni relativa al bestiame e la riduzione delle superfici coltivabili potrebbero metterci in difficoltà. Il prezzo del latte potrebbe aumentare, perché gli allevatori dovranno affrontare costi maggiori e una maggiore competizione per le risorse". Pur rimanendo fedele alla propria visione, anche la cooperativa si interroga su come garantire un equilibrio tra sostenibilità e accessibilità economica per i consumatori.

 

L'innovazione è la chiave della rivoluzione verde

Parlando con agricoltori e aziende di trasformazione danesi, sembra che la vera risposta alla sfida ambientale si giochi sul terreno dell'innovazione: agricoltura di precisione, biosolutions, biostimolanti, digital farming, tecniche di miglioramento genetico come le New Genomic Techniques ed economia circolare. Strumenti, in parte già disponibili e in parte da sviluppare, che almeno sulla carta consentirebbero di produrre di più con meno input, riducendo l'impatto ambientale.

 

In questo sforzo verso una maggiore sostenibilità delle produzioni agricole quale è il ruolo della Pac? Mentre gli agricoltori italiani lamentano che una quota troppo elevata dei fondi sia vincolata ad azioni agroclimaticoambientali, in Danimarca chiedono l'esatto contrario. "Noi proponiamo di eliminare i pagamenti diretti e di legare tutti i contributi a impegni ambientali misurabili", sottolinea Nørring.

 

Quello che preoccupa, qui a Copenaghen come a Roma, è la nuova proposta di bilancio pluriennale, che prevede un taglio dei fondi destinati alla Pac e una "rinazionalizzazione" di questa politica, che lascerebbe agli Stati membri la libertà di decidere quali misure adottare per raggiungere obiettivi condivisi a livello Ue. Una nuova architettura che, secondo gli agricoltori danesi, rischierebbe di dire addio ad una politica europea coordinata e coesa, dove a rimetterci sarebbe l'impegno verso la sostenibilità.

 

Qual che è certo, qui in Danimarca come in Italia, è che la Pac rimane lo strumento principale di sostegno al reddito degli agricoltori e alla loro imprenditorialità. I fondi per i giovani stanno cercando di ringiovanire il settore, mentre le misure per l'acquisto di attrezzature smart dovrebbero rendere il lavoro meno pesante e più efficiente. Ma in una Europa alle prese con altre priorità (la guerra in Ucraina, l'immigrazione, la competitività, eccetera) il timore è che la Pac diventi meno prioritaria.

 

Sostenibilità ambientale a tutti i costi

Per capire quanto la cultura della sostenibilità sia radicata nella società danese, basta visitare la piccola azienda Klarskov Frugt, gestita da una coppia di agricoltori che fino a pochi anni fa lavorava in città, lui nel settore IT e lei in quello dell'educazione. Hanno scelto di lasciare la metropoli per coltivare mele e pere in modo biologico, adottando un approccio "in armonia con la natura": nessun uso di agrofarmaci di sintesi, zero meccanizzazione, distribuzione diretta nei mercatini locali.

 

"Volevamo un lavoro che rispecchiasse i nostri valori", ci racconta Mia, mentre ci mostra orgogliosa le file ordinate di meli. Il loro modello è l'antitesi dell'agricoltura intensiva: piccolo, a basso impiego di input, quasi autarchico. E anche estremamente fragile sul piano economico: il vecchio proprietario produceva 23-26 tonnellate di mele a stagione, oggi sono scesi a 10 tonnellate dopo tre anni di gestione "naturale".

 

I proprietari di Klarskov Frugt

I proprietari di Klarskov Frugt

(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)

 

"Le politiche di sviluppo rurale ci hanno dato una grande mano, ad esempio nella ristrutturazione della cella frigorifera, che oggi è un laboratorio dove lavoriamo mele e pere. Anche se abbiamo cercato di diversificare producendo miele, succhi e ghiaccioli alla frutta, con il reddito proveniente dall'azienda agricola non avremmo mai potuto crescere quattro figli", dice lui con onestà. Figli che non hanno alcuna intenzione di seguire le orme dei genitori.

 

Eppure l'esempio di Klarskov Frugt è emblematico di un sentimento diffuso in Danimarca, dove il rispetto per la natura è percepito come una priorità, un desiderio che va oltre l'oggettiva necessità di produrre cibo per una popolazione mondiale in aumento.

 

Prima la sostenibilità economica, poi quella ambientale

A pochi chilometri da Slagelse, incontriamo Christian Olesen, giovane imprenditore agricolo che incarna un'altra visione della sostenibilità: quella economica. Christian gestisce due aziende agricole per un totale di 800 ettari, dove produce fragole, lamponi, zucche, mais dolce e altri ortaggi. È uno dei principali fornitori della Gdo danese e si distingue per un approccio manageriale estremamente efficiente.

 

"Non ha senso parlare di transizione verde se l'azienda non sta in piedi economicamente. La sostenibilità finanziaria viene prima di tutto, poi possiamo parlare di ambiente", ci dice senza giri di parole. Le sue colture sono tutte vendute prima ancora di essere seminate, grazie a contratti con i supermercati che gli garantiscono un ritorno certo sugli investimenti.

 

Christian Olesen nel suo campo di zucche di Halloween

Christian Olesen nel suo campo di zucche di Halloween

(Fonte foto: © European Union 2025 - photographer Cornelia Smet)

 

I frutti di bosco sono coltivati in tunnel, su substrati inerti rialzati dal suolo, con una gestione agronomica che ha permesso di triplicare le rese rispetto alla coltivazione in pieno campo. "Mio padre mi ha sempre detto: se una coltura è facile da gestire, lascia perdere, perché allora la differenza la fa il costo di produzione e tu avrai vita dura. Ecco perché siamo stati i primi a seminare mais dolce qui in Danimarca e ogni anno cerchiamo di migliorarci. Lo stesso vale per le zucche, che seminiamo in differenti varietà, comprese quelle di Halloween, di cui controlliamo la quasi totalità del mercato domestico".

 

Christian, una laurea in finanza, ha avviato anche un progetto di rendicontazione Esg, con l'obiettivo ambizioso di mappare l'impronta carbonica delle sue produzioni. "Se in futuro non saremo in grado di documentare le nostre performance ambientali, non potremo nemmeno vendere. Ma questo non significa che dobbiamo farlo gratis. Serve un ritorno economico, altrimenti il business è insostenibile per definizione".

 

Dopo tre giorni trascorsi tra le verdi pianure danesi, quello che colpisce di questo viaggio è la compostezza e la positività con cui gli agricoltori danesi accettano sfide che altrove genererebbero conflitto. Il senso di responsabilità nei confronti dell'ambiente è radicato nella società, ma anche nelle strategie aziendali. Le pratiche green non vengono percepite come un fastidioso dovere, ma come una reale necessità. Tuttavia, non va sottovalutata la complessità della transizione. Senza investimenti, innovazione, supporto pubblico e mercato, l'agricoltura verde rischia di rimanere un ideale astratto.