Questa settimana mi corre l'obbligo di segnalare l'avvenuta premiazione del Bologna Award, il premio internazionale per la sostenibilità agroalimentare che si tiene a Bologna ogni 16 ottobre, Giornata Mondiale dell'Alimentazione.
La giuria (sempre impunemente coordinata da chi scrive) quest'anno ha voluto premiare ex aequo due ricercatori italiani: Lea Nicita e Alessandro Matese.
Lea è una economista che si occupa del cambiamento climatico, Stefano è invece impegnato in ricerche applicate sulla agricoltura digitale e di precisione. Entrambi si occupano di sostenibilità.
Lea Nicita all'Università di Yale ha dimostrato il valore (economico) della biodiversità, il perché mantenere la biodiversità sia importante per i cittadini ma anche per gli agricoltori, traducendosi in migliore qualità delle produzioni e maggiore resistenza al cambiamento climatico. Alessandro Matese, dai laboratori fiorentini del Cnr e dai campi della Maremma, elabora sistemi per risparmiare e ottimizzare la risorsa idrica. Sono due eccellenze italiane premiate però da una giuria internazionale; due persone che immaginano l'agricoltura del futuro.
Con il Bologna Award vengono anche nominati i "City of Food Masters", gli ambasciatori della sostenibilità agricola che si occupano di divulgare e valorizzare la buona agricoltura.
Anche quest'anno fra i premiati tanti nomi formidabili: dal notissimo Patrizio Roversi a Massimiliano Ossini (Rai1), da Sveva Sagramola (Geo - Rai1) a Sabrina Giannini (Indovina chi viene a cena? Rai3).
Mi soffermerei però un attimo sui due premiati meno "mediatici": Ivano Valmori e Giannozzo Pucci. Due personaggi solo apparentemente divergenti. Ivano pioniere della agricoltura digitale e sempre motore di mille iniziative legate all'innovazione e all'informazione. Giannozzo pioniere del sostenibile, ambientalista della prima ora, editore di gran classe.
Diversissimi, ma uguali nell'impegno a favore dell'agricoltura: mantenere (e riportare) la gente alla terra, al territorio, alla cultura.
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