"E' necessario agire rapidamente e mettere a disposizione delle imprese italiane, per le quali l'export rappresenta una fetta consistente del fatturato, strumenti che aumentino la loro competitività – sottolinea Paolo Castelletti, segretario generale dell'Unione italiana vini – Il mondo del vino auspica che il ministro Centinaio renda operativo il decreto promozione internazionale. Queste misure sono fondamentali per il settore, per far si che l'Italia del vino superi l'attuale frammentata e disordinata attività promozionale, proponendosi all'estero con una sola voce".
Il volume globale importato nel 2018 dagli 11 grandi paesi monitorati dall'Osservatorio ha registrato un -4% rispetto all'anno precedente, raggiungendo una quota di poco superiore ai 39 milioni di ettolitri tra vino fermo e spumante, per un valore di circa 22 miliardi di dollari, in aumento del 3% rispetto al 2017. I vini fermi confezionati sono quelli che hanno vissuto l'anno più difficile, sul mercato nordamericano (-1% in volume tra Usa, Canada e Brasile) e in Cina (-8% volume). Il saldo aggregato è intorno al -5% in volume (34 milioni di ettolitri), controbilanciato solo in parte dal debole incremento a valore (+2%).
Il 2018 è stato invece parzialmente positivo per gli spumanti, con un valore aggregato dell'import degli 11 paesi monitorati e aumentati del 7% (4 miliardi di dollari), mentre a volume i 4,8 milioni di ettolitri di prodotto assorbiti equivalgono a un aumento del 2%, determinato soprattutto al rallentamento sul mercato tedesco (-8%), Uk (1%) e Giappone (-1%), solo in parte controbilanciato dal +8% statunitense. Sul fronte delle esportazioni, il segno meno si è registrato da tutti i più grandi paesi produttori. In controtendenza ci sono produttori minori come il Portogallo e il Sudafrica, mentre tutti i big soffrono.
L'export made in Italy scende del 2%, mentre cali più forti vengono da Australia (-5%), Francia (-6%) e Spagna (-10%). Sul fronte del valore, i recuperi sono compresi nell'ordine di qualche punto percentuale, come l'Italia che con il +3% pareggia di fatto la performance francese, fortemente penalizzata dalla Cina.