"L'agricoltura biologica è un settore vivace, che cresce sia sul sul mercato interno che internzionale. Le aziende bio associate a Confagricoltura sono il 15% del totale e coltivano più di un quarto degli ettari dedicati a biologico in Italia, ovvero 480 mila ha. La superficie media aziendale è di circa 50 ha a fronte di una media nazionale di 33 ha. Rappresentiamo un’agricoltura biologica imprenditoriale, dinamica, vocata all’export ed all’innovazione. Sono cresciute considerevolmente anche le realtà che trasformano i prodotti coltivati". Sono queste le parole del presidente della Federazione nazionale dell’agricoltura biologica di Confagricoltura Paolo Parisini in occasione del convegno promosso dalla sua Organizzazione sul biologico ieri, 15 gugno 2016, a Roma.

La decisione di Bruxelles di far ricevere ipso facto alle aziende biologiche destinatarie dei pagamenti diretti la componente ambientale obbligatoria, il cosiddetto ‘greening’, che ammonta al 30% del massimale dimostra che l'Ue crede in questo metodo.
 
Il presidente di Confagricoltura Mario Guidi ha aggiunto: “Le aziende bio italiane vanno sostenute dai nuovi programmi di sviluppo rurale regionali; molte altre imprese si aggiungeranno. Le Regioni però devono crederci”. Dall’analisi dei 21 Psr la situazione cambia notevolmente a seconda dei territori; vi sono, infatti, Regioni in cui la misura per il bio incide per circa il 20% dei budget dei Psr (come Calabria e Sicilia) e altre in cui questa incidenza è estremamente limitata, come nel caso di Veneto, Campania, Lombardia e Piemonte che investono nel biologico risorse limitate: tra l’1,2 ed il 2,5% del budget complessivo dei Psr.
 
Guidi si è poi soffermato sul tema dei controlli spiegando che “il biologico è un settore sano, anche se periodicamente si sono riscontrati comportamenti scorretti legati soprattutto alla fase di importazione di prodotti dall’estero.
Il sistema d’importazione prevede solo l’equivalenza con i sistemi di controllo dei Paesi extra Ue, e non la conformità; in tal modo si permette ai produttori stranieri di utilizzare metodiche di produzione che in Europa non sono ammesse. Con la conseguenza di danni competitivi per le aziende bio europee ed italiane e rischi per la sicurezza alimentare
”.
 
E' quindi necessario secondo il numero uno di Confagricoltura “modificare la normativa europea sull’accesso al mercato della Comunità e migliorare il sistema di controlli non solo sui prodotti importati ma anche su quelli coltivati e trasformati nel nostro Paese; spesso sono più finalizzati alla verifica dei finanziamenti relativi allo sviluppo rurale che alla verifica in campo della conduzione biologica”.

Tra le azioni che le regioni devono sviluppare c’è senz’altro – ha aggiunto Guidi - quella dell’aggregazione dell’offerta dei produttori, per consolidarla e favorire le iniziative di internazionalizzazione ma anche per quelle sul mercato interno”. Oltre il 74% delle aziende biologiche è presente sui mercati internazionali da oltre 5 anni. I principali mercati sono la Germania (24%), la Francia (20%) e i Paesi del Nord Europa in generale. Il primo mercato extra Ue è quello degli Usa (4%). La frutta e la verdura fresca rappresentano i primi prodotti di esportazione (20%), seguiti a sorpresa dai prodotti sostitutivi del latte (bevande vegetali e soia) con il 16%.
 
Nel settore del biologico un ruolo fondamentale è giocato dalla ricerca, come dimostra anche l'importanza che riveste nel piano strategico nazionale per l’agricoltura biologica recentemente approvato, soprattutto per contrastare i cambiamenti climatici, utilizzare le specie autoctone e proteggere la biodiversità. “Il piano nazionale prevede anche un’importante azione per la semplificazione burocraticaha concluso Guidi -. Un’azione a costo zero, che potrebbe portare benefici economici molto importanti alle aziende”.