Credere che si arriverà a 50 miliardi di export nel 2020 è come credere che Gesù è morto di raffreddore”.
Usa l’arma dell’ironia Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad e presidente di Adm (Associazione moderna distribuzione), per smontare i proclami verso obiettivi difficilmente raggiungibili, senza azioni concrete di supporto. Ma il divario dagli attuali 34,2 miliardi alla meta dei 50, da colmare in un quinquennio, è quasi proibitivo.

Invitato “speciale” del 5° Dairy Forum di Clal di Bardolino (Verona), Francesco Pugliese è stato messo al centro di una tavola rotonda, insieme a Nino Andena (allevatore e consigliere cooperativa Santangiolina), Nisio Paganin (direttore di Agriform), Fabio Leonardi (Ceo di Igor), Roberto Brazzale (presidente Brazzale), Alberto Bizzotto, (Ceo Centrale del Latte di Vicenza), Aldo Cavagnoli (direttore di Latteria Soresina).

Le conclusioni che traggo da questo importante Dairy Forum sono che nelle prime 20 aziende lattiero casearie europee non c’è nemmeno un’azienda italiana – dice Pugliese – e che negli investimenti superiori ai 20 milioni di euro per l’ammodernamento e lo sviluppo del settore, c’è solo un investimento in una parte dell’Italia, ma da quello che ho capito non va nemmeno nella direzione del prodotto finito al consumatore”.

Le dimensioni dell’industria italiana, secondo l’ad di Conad, sono un problema. “Magari di investimenti probabilmente le aziende italiane li fanno, ma il problema è la dimensione”, analizza.

Tranchant come d’ordinanza, Pugliese non le manda certo a dire. Ma il quadro che emerge per il sistema agroalimentare italiano e lattiero caseario, è a tinte fosche. “Siamo messi male come italiani – prosegue - perché proprio qui al Dairy Forum di Clal abbiamo visto una bellissima impresa cooperativa in India, con un filmato pubblicitario che non abbiamo in Italia, che descrive come intendono svilupparsi e chi porre al centro delle loro politiche di crescita. Lì vedo futuro, qua vedo tradizione e passato. Non vedo proprio il futuro”.

Bocciato anche il marchio unico per la promozione del made in Italy nel mondo. “Non esiste un brand in Italia che valorizza l’italianità e che riesce a  sviluppare più di 50 milioni di euro – spiega Pugliese -. Esiste un brand che si chiama Sapori e dintorni di Conad, che ha solamente prodotti Dop e Igp fatti da imprese eccellenti e alla vendita sviluppa 500 milioni di euro e ne vende 50 all’acquisto per i retailer, vendendo ai distributori esteri e portando l’italianità di fuori. La nostra marca commerciale ha una quota di mercato del 27%, ottenuta per il 90% da pmi italiane”.

Ancora. “Nell’ambito del latte fresco – insiste - siamo leader di mercato all’interno dei nostri punti vendita con la nostra marca, facciamo latte di alta qualità e lo acquistiamo nei territori dove siamo presenti. Poche imprese in Italia valorizzano realmente l’italianità. Siamo i più grandi venditori di Grana Padano, Parmigiano-Reggiano e altre Dop, pur essendo i secondi player del mercato in Italia”.
Poi la stoccata a Farinetti, che però non nomina direttamente. “Noi continuiamo a valorizzare i prodotti del territorio e non lo facciamo come qualcuno che fa il paladino dell’italianità, solo perché è diventato ristoratore in giro per il mondo e tutti quanti stanno ad osannarlo, come se fosse arrivato il Messia”.

Quanto alla proposta di Conad di qualche tempo fa, relativa alla volontà di assicurare ai produttori un prezzo del latte di 38 centesimi al litro, Francesco Pugliese ne delinea la genesi.
Non siamo andati in un territorio che non era il nostro, perché chiunque fa il fornitore di una marca commerciale sa benissimo che, per stabilire il prezzo, dobbiamo partire dal prezzo alla stalla – specifica -. Con quella dichiarazione abbiamo voluto mettere fine al ping pong cui si assiste tutte le volte che si deve definire un prezzo e si scarica sistematicamente la responsabilità di affamare sulla grande distribuzione. Gli allevatori vendono il latte ai trasformatori, anche se poi i trattori li mettono davanti ai negozi. Secondo una ricerca di Nomisma, testa e monte della filiera hanno un guadagno più o meno simile, mentre chi sta in mezzo ha un apporto di valore che è tre volte superiore”.

Per Pugliese servirebbe più trasparenza. “Un paio di aziende dicevano a noi della grande distribuzione che pagavano il latte agli agricoltori 41 centesimi al litro, mentre agli agricoltori raccontavano che non potevano pagare di più di 32 centesimi, perché la Gdo impostava la trattativa delle forniture sulla base di 32 centesimi. Così non va bene, serve maggiore trasparenza e raccontare le cose come stanno”.