Sono ritardi probabilmente dovuti anche alla burocrazia, ma, di fatto, ci si affaccia ad una riforma confusa. “Quello che vediamo oggi – ha detto Giovanni Marchesi, responsabile del Servizio tecnico dell’Associazione – è un quadro d’insieme. Sappiamo che nella nuova Pac i titoli storici saranno sostituiti da diritti, l’Unione europea ha stabilito che i pagamenti dovrebbero essere tendenzialmente uniformi, vincolati a impegni agroambientali, con dei plus assegnati in maniera selettiva, come la premialità per i giovani. L’Italia deve decidere quale tipo di regionalizzazione attuare, ossia come uniformare i diritti: in base a regioni geografiche o alla distinzione tra pianura, montagna collina o ad altri criteri ancora da valutare. Ancora, va deciso se e in base a quali criteri prevedere dei premi accoppiati. Variabili, insomma – ha precisato Marchesi – che impatteranno parecchio su quanto ciascuno potrà percepire”. La prima condizione per aver diritto ai nuovi premi è aver presentato la domanda Pac nel 2013. Stante il contesto, eventuali cambi societari vanno valutati con attenzione, così come la sottoscrizione di contratti d’affitto di terra e titoli.
Varie le questioni affrontate e poste dagli intervenuti. “Ci è sembrato importante – ha commentato il presidente di Confagricoltura Piacenza, Enrico Chiesa –, in questa fase delicata, prepararci condividendo quelle che sono le informazioni già consolidate e le variabili in gioco che andranno ad impattare sulle strategie di sviluppo delle nostre imprese. E’ una Pac che avrebbe potuto essere migliore, ma che nel complesso risulta profondamente ridisegnata, in positivo, rispetto alle prime bozze presentate. A livello sindacale Confagricoltura ha saputo esercitare una forte pressione ottenendo buoni risultati. Ad esempio, è passato il messaggio che l’agricoltura deve tornare ad essere produttiva, anche se alcune misure annoverate dal greening risentono ancora di una certa ideologia pesudo-ambientalisa. Mi riferisco, in particolare – prosegue Chiesa – al vincolo che le aziende maggiormente dimensionate hanno di riservare il 5% della superficie a focus ecologico. Ben venga la rotazione delle colture, la sostenibilità delle pratiche agronomiche, l’uso degli ammendanti organici, ma nel momento in cui il mondo chiede cibo e si prepara all’Expo che ha per tema “nutrire il Pianeta” lasciare incolti terreni fertili e sempre più preziosi suona come un’assurdità”.
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Fonte: Confagricoltura Piacenza