Vendite in frenata per l’olio d’oliva, sia in Italia che all’estero. Lo affermano gli ultimi dati Assitol, l’Associazione Italiana dell’industria olearia, che, negli ultimi due mesi del 2012, delineano un rallentamento degli scambi nei principali segmenti del mercato.

 

Tra novembre e dicembre dello scorso anno, l’extravergine, da sempre prodotto di punta del comparto, ha registrato in Italia una riduzione delle vendite a due cifre. Sul dato, pesa soprattutto la perdita di quote da parte della grande distribuzione, sbocco privilegiato delle vendite.

In sofferenza appare anche l’olio d’oliva, che diminuisce di oltre il 13%. Resistono la produzione biologica e le Dop/Igp, ma su consuete quotazioni di nicchia, mentre è in fase di ripresa il sansa (+56%).

 

Anche sul fronte dell’export, nell’ultimo bimestre del 2012, sono giunti segnali negativi per il settore: l’extravergine, vale a dire il “top” del comparto dell’oliva, perde circa il 21% delle esportazioni.

 

La tendenza al ribasso delle vendite non è, tuttavia, una diretta conseguenza della crisi economica. I dati di previsione sulla produzione olearia a livello mondiale indicano una forte diminuzione dei quantitativi rispetto alle scorse annate. In particolare, la Spagna, principale produttore a livello mondiale, ha più volte annunciato, negli ultimi mesi, una pesante contrazione dei volumi di olio d’oliva rispetto ai tre anni precedenti, considerati da record. Per questa ragione, a fronte di un’offerta in calo, i prezzi all’origine sono aumentati e, nel bimestre finale del 2012, le vendite si sono fermate anche sul territorio spagnolo (-18%).

 

Le dichiarazioni spagnole sulla minore disponibilità di olio - osserva Claudio Ranzani, direttore generale di Assitol - hanno contribuito a provocare un certo nervosismo, anche se in altri Paesi le produzioni sono buone e le giacenze della scorsa campagna sono elevate”.

 

Gli stessi operatori spagnoli hanno ammesso che i prezzi all’origine potrebbero aumentare ancora. Il timore di un ulteriore rialzo ha quindi indotto le imprese a frenare le vendite promozionali e rallentare gli scambi nella parte finale dell’anno, sia sul fronte interno che estero, attestandosi su posizioni già consolidate.