I costi di produzione continuano a erodere i margini di redditività delle imprese agricole, che già lottano con prezzi sui campi sempre meno remunerativi. Lo afferma la Cia - Confederazione italiana agricoltori, commentando i dati diffusi dall'Istat. Anche nel secondo trimestre dell'anno, infatti, i prezzi dei prodotti acquistati dagli agricoltori sono saliti dell'1,1% rispetto ai tre mesi precedenti e del 2,9% sullo stesso periodo dell'anno scorso. A pesare di più sulle aziende sono state le voci "energia" e "concimi", cresciuti rispettivamente del 10,6% e dell'8,8%. Ma sono aumentati anche i costi per le sementi (+6,7%) e per la stessa manutenzione delle macchine agricole (+3,3%).

Il vero problema, però, è che questi incrementi di spesa per i fattori produttivi non sono mai compensati da altrettanti aumenti dei listini all'origine, anzi. Sempre nel secondo trimestre i prezzi dei prodotti venduti dagli agricoltori sono calati dell'1,1% in termini congiunturali e sono aumentati di un misero 0,6% sul piano tendenziale. Registrando veri e propri crolli per cereali (-14,9%), patate (-7,8%), olio d'oliva (4,9%) e frutta (-3,8%).

"Ma il problema non riguarda solo questi mesi - ricorda la Cia - E' da tempo che la forbice tra prezzi pagati al produttore e prezzi al consumo si allarga sempre di più: in un decennio, secondo un'analisi dell'Ismea, la remunerazione della fase agricola si è ridotta di quasi 6 euro ogni 100 spesi dal consumatore. Basti pensare che un litro di latte oggi viene pagato all'allevatore tra i 35 e i 40 centesimi, mentre nel carrello della spesa il prezzo schizza fino a 1,60 euro: un aumento nella filiera del 300%".