Male il segmento dello sfuso, precipitato del 16% a volume, mentre l'imbottigliato contiene il calo a -4% per un fatturato stabile a 2,8 miliardi. Segni meno in questo segmento sia per i vini da tavola (bianchi -4% e rossi -10%) sia per i Doc-Docg (bianchi -4%, rossi -8%). In gran spolvero il comparto spumanti, che archivia l'ennesimo anno di grazia, con aumenti in volume del 15%, a 1,4 milioni di ettolitri, e valori su dell'11%, a poco meno di mezzo miliardo.
E' soprattutto l'Unione europea il mercato in cui soffriamo di più: in un anno il saldo è negativo per il 10% a volumi, mentre i Paesi terzi tengono con un +2%. In Europa stentano la Germania, il primo acquirente di vini italiani a volume, che con i 5,6 milioni di ettolitri importati nei 12 mesi segna un calo del 10%, la Francia (-27%), l'Austria (-25%), la Danimarca (-6%). Stabile a volumi il Regno Unito (-1%), seconda piazza per il nostro vino, mentre soffrono gli Stati Uniti, terzo mercato a volume (-2%) e primo a valore con quasi 800 milioni di euro di fatturato (-4%).
Sui mercati di "seconda fascia", invece, volano le performance della Russia (+36% a volume e +12% a valore), che si attesta come 12ma piazza per il nostro vino; bene il Giappone (+6%), la Polonia (+10%), Svezia e Norvegia, mentre in grossa sofferenza sono l'Ungheria, che ha praticamente dimezzato gli acquisti, e la Slovacchia (un terzo).
A un Brasile in calo del 2% fa da contraltare un Messico in piena espansione (+34%), mentre sul mercato asiatico, a Cina e Corea che "prendono fiato" (+1% e -1%) e a un'India in crisi (-17%) fanno da contrappeso le spettacolari performance registrate sulle piazze di Hong Kong (+29%) e Singapore (+17%). Crescita esplosiva registrata sul mercato degli Emirati Arabi, con volumi aumentati del 50% e valori più che raddoppiati.
"Chiudiamo un anno difficile - spiega Andrea Sartori, presidente di Unione italiana vini - in cui comunque il nostro prodotto ha tenuto le posizioni guadagnate in passato. Se guardiamo il contesto internazionale e quello che è accaduto ai nostri vicini di casa francesi, specialmente negli Usa e in particolare con lo Champagne, oppure agli australiani, che per la prima volta in 15 anni hanno dovuto mettere il segno meno sui loro bilanci, non possiamo assolutamente lamentarci". "Certo, è anche vero che quelli che vengono definiti a torto come 'nuovi competitor', ovvero Stati Uniti, Argentina, Cile e Sudafrica - ha proseguito Sartori - hanno approfittato di questo anno di transizione per erodere quote di mercato ai produttori europei. La sfida per quest'anno e per i prossimi, se la crisi non darà segni di cedimento, sarà quella di essere sempre più competitivi, alzando la qualità media dei nostri prodotti e soprattutto comunicando di più e meglio le valenze del vino italiano. I fondi messi a disposizione dalla nuova Ocm per la promozione del nostro vino sono un'occasione unica, che non va sprecata in mille iniziative particolari e a volte concorrenziali tra loro. Forse sarà proprio la crisi a renderci per una volta più uniti in nome di un obiettivo comune, ovvero la salvaguardia di un prodotto che pur in un anno difficile è l'unico nel panorama dell'agroalimentare italiano a segnare un saldo import-export fortemente in attivo (+3,3 miliardi di euro)".
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Fonte: Unione italiana vini