A poco servirà anche il muro che la Danimarca vuole erigere per 68 chilometri lungo il confine con la Germania. Un investimento da 11 milioni di euro che difficilmente potrà evitare un eventuale contagio.
Veicolato dagli animali selvatici o attraverso materiali contaminati, questo virus ha la capacità di spostarsi a grandi distanze e con rapidità.
Lo stesso uomo, che pure ne è indenne, può essere l'inconsapevole veicolo da un allevamento all'altro, qualora non si rispettino le basilari norme di igiene e biosicurezza.
I nuovi focolai
Le autorità sanitarie della Bulgaria hanno così confermato la presenza del primo focolaio a Tutrakanzi, nell'area Nord-Est di questo paese.In Romania la peste suina africana aveva fatto la sua comparsa già da tempo, e altre centinaia di focolai si sono accesi negli ultimi giorni. Ma non è solo la Romania a fare i conti con questo virus.
Altri focolai sono confermati recentemente in Ucraina e fra il 29 e il 30 agosto arriva dalla Polonia la notizia di ben 86 nuovi focolai, sia nella popolazione selvatica (cinghiali, in prevalenza) sia in allevamenti.
Fra i paesi alle prese con la peste suina africana l'Istituto zooprofilattico delle Venezie ricorda poi la Lituania (oltre mille focolai), la Repubblica Ceca, la Moldavia.
Distribuzione delle positività confermate in cinghiali selvatici e nei suini domestici al 27 luglio 2018 (fonte: Istituto zooprofilattico delle Venezie)
Da tempo la peste suina africana è segnalata in Russia, dove a fine agosto è accertata la presenza di due nuovi casi.
A confermare la grande facilità di diffusione del virus arriva poi in questi giorni la notizia di nuovi casi in Cina, che si vanno ad aggiungere a quelli già presenti in questo paese, anche a grande distanza gli uni dagli altri.
La peste in Sardegna
Più volte AgroNotizie ha approfondito il tema della peste suina africana, pericolosa non solo per i danni diretti (elevata mortalità negli animali), ma soprattutto per quelli indiretti.Per eradicare la malattia sono necessarie misure draconiane, con l'abbattimento e la distruzione di tutti gli animali infetti o solo sospettati di esserlo.
Poi il blocco dei movimenti e dei commerci per un vasto raggio intorno ai focolai.
Ne sanno qualcosa gli allevatori della Sardegna, che dal 1978 pagano a questo virus un pesante tributo per il blocco dei commerci di suini e prodotti trasformati oltre il perimetro dell'isola.
Sarebbe davvero una iattura se proprio ora, con i piani di eradicazione che dopo 40 anni stanno dando i primi frutti, la peste suina si ripresentasse addirittura dentro i confini dell'Italia.
Minacce da Oriente
Il pericolo sembra ancora lontano, ma l'espansione del virus nei paesi del'Est Europa non può lasciarci tranquilli.Già in passato AgroNotizie ha posto l'accento sulle minacce sanitarie che arrivano da oriente, ricordando il ruolo degli animali selvatici nel veicolare alcune malattie e fra queste la peste suina africana, con i cinghiali fra i principali protagonisti.
Seguire l'esempio di Bulgaria e Danimarca, erigendo improbabili muri e recinzioni, non avrebbe senso.
Il rischio cinghiali
Mentre sui traffici commerciali di suini e carni trasformate, come pure di materiali destinati agli allevamenti, è possibile un'attenta verifica del rispetto delle misure di biosicurezza, altrettanto non si può fare per i cinghiali.Precauzioni sono però necessarie. Senza invocare il ricorso alle "doppiette", che solleverebbe molte proteste, sarebbe tuttavia necessario invocare un controllo della diffusione di questi selvatici, almeno nelle aree a maggior densità suinicola.
Un solo caso di peste suina africana in un qualunque punto della "food valley", o altrove, metterebbe fuori gioco per mesi un settore che vale miliardi di euro e che dà lavoro a migliaia di persone.
I costi economici e sociali sarebbero intollerabili e giustificano ogni sforzo nella prevenzione di questa patologia.