Al giorno d'oggi gli animali non partoriscono più sui prati e le tipologie di allevamento intensivo fanno sì che il vitello, se non allontanato tempestivamente dalla madre, attaccandosi alla mammella ingerisca enormi quantità di batteri coliformi.
Recenti studi statunitensi hanno rilevato un contenuto di coliformi fecali superiore alle 100.000 Ufc per millilitro di colostro nel 43% dei campioni e un contenuto superiore al milione in nel 20%; è dimostrato che se un vitello riceve colostro con più di 10.000 Ufc di coliformi ha un rischio di mortalità maggiore di ben quattro volte oltre la media. Visto poi che il numero di coliformi raddoppia ogni 20 minuti, qualsiasi colostro fresco deve essere distribuito nell'ora successiva la mungitura.
Per l'allevamento bufalino, essendo per la maggior parte dei casi ubicato in luoghi con temperature estive spesso oltre i 30-35°C, il tempo di raddoppio dei coliformi nel colostro potrebbe essere addirittura inferiore ai sopra citati 20 minuti. Per motivi igienici, quindi, il vitello non dovrebbe restare nei box con la madre per oltre 30 minuti dopo il parto, altrimenti inizierà a succhiare e leccare la mammella e le zampe della madre sicuramente sporche.
La pastorizzazione del colostro può rappresentare una valida valvola di sicurezza in caso di contaminazione da coliformi e può risolvere numerosi problemi; essa darà al vitello un'ottima copertura immunitaria (passiva) che lo traghetterà fino allo sviluppo dell’immunità (attiva) del giovane animale, sfruttando appieno le caratteristiche nutritive del latte in polvere (al quale troppo spesso si danno colpe per problematiche sanitarie dei vitelli) ed esprimendo al meglio il proprio potenziale genetico di crescita. I primi tre mesi di vita sono fondamentali affinchè il vitello di oggi sia un futuro campione domani.
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Fonte: Sloten