Cinta senese, un nome certo non casuale per questa razza di suini che ha le sue origini nelle colline senesi, dove tuttora viene allevata e che si caratterizza per il suo mantello nero attraversato da una cintura bianca (una cinta, appunto) che circonda completamente il tronco all'altezza delle spalle. Una razza poco diffusa (in passato si avevano persino timori per la sua sopravvivenza), ma dalle caratteristiche peculiari in quanto a resistenza e frugalità, ideale per il pascolo ieri, e per gli allevamenti all'aperto oggi. E capace di produrre ottime carni e insaccati di eccellenza. Tante prerogative che le sono valse, finalmente, il riconoscimento della Dop da parte della Commissione europea per le carni ottenute da animali allevati in Toscana. Ne ha dato notizia, con giustificato orgoglio, l'Anas, l'associazione nazionale allevatori suini che nel commentare il riconoscimento ottenuto per le carni di questa antica razza (la si ritrova in un dipinto del Lorenzetti, datato 1338) ha ricordato il lungo lavoro di recupero prima e di selezione poi, portato avanti dagli allevatori toscani.

 

La situazione

Oggi gli allevamenti di cinta senese, ricorda l'Anas, sono 150 per una consistenza complessiva di oltre settemila capi. La carne che può fregiarsi del riconoscimento Dop proviene da allevamenti i cui riproduttori (verri e scrofe) sono iscritti al Registro anagrafico gestito dalla stessa Anas che raccoglie ed elabora tutte le informazioni genetiche e produttive degli animali. Un impegno dal quale discende la completa tracciabilità del circuito Dop le cui informazioni sono archiviate nella banca dati Anas, dove sono consultabili anche via Web.

 

La “palla” passa al Consorzio

L'apertura del circuito Dop per la Cinta senese fa tornare alla mente i buoni risultati commerciali ottenuti a suo tempo dalle carni del Gran suino padano nel breve periodo in cui fu possibile utilizzare questo marchio, poi bocciato dalla Commissione Ue. La realtà produttiva della Cinta senese è ovviamente assai modesta, specie se confrontata con quella del suino pesante. Ma un parallelo, in termini di possibile crescita, è comunque possibile azzardarlo e almeno sulla carta le premesse per uno sviluppo ci sono tutte. Ora il testimone passa al Consorzio di tutela che dovrà mettercela tutta per valorizzare il marchio Dop.