Anno nuovo e tempo di bilanci per il settore cunicolo, che guarda ai 12 mesi trascorsi per tentare una previsione sull'andamento di mercato per il 2012. E non c'è da stare allegri. Per gran parte del 2011 le quotazioni dei conigli sono rimaste abbondantemente sotto la quota dei due euro. Ossia al di sotto dei costi di produzione. Poi una lenta risalita nell'ultima parte dell'anno con i prezzi che faticosamente si sono portati a quota 2,12 euro (piazza di Verona, seconda decade di dicembre) Prezzi comunque inferiori a quelli dello stesso periodo dell'anno precedente. E il nuovo anno non è iniziato meglio, con le quotazioni “precipitate” di nuovo sotto quota 2 euro (1,81 euro/kg, Verona, 13 gennaio). Un andamento che contrasta con quanto avvenuto per altri segmenti delle carni bianche, dove il 2011 si è chiuso con il segno più davanti e con percentuali di aumento a due cifre per polli, galline e tacchini.

 

La denuncia

Una situazione, quella della coniglicoltura italiana, che desta molte preoccupazioni, come denuncia l'Anlac, l'associazione nazionale liberi allevatori di conigli, presieduta da Saverio De Bonis, che punta il dito contro le importazioni. I consumi, cresciuti del 5,1%, avrebbero dovuto far lievitare i prezzi di mercato, cosa che non è avvenuta, sostiene Anlac, per il forte aumento delle importazioni (+39,9%). “L'uso strategico della leva import-export da parte degli speculatori - si legge nel documento diramato da Anlac - sta producendo l'aumento della concentrazione del settore (le prime quattro imprese detengono il 50% del fatturato).

 

Manca trasparenza

A preoccupare gli allevatori è poi la scarsa trasparenza delle borse merci, dove si definisce il prezzo dei conigli. Un motivo in più, ribadiscono gli allevatori, per istituire una Commissione unica prezzi (Cun) come già avviene per i suini e come previsto dal piano di settore, che però è rimasto sulla carta. Ora bisognerà anche fare i conti con una manovra fiscale che peserà sui fattori di produzione, facendo aumentare ancor più i costi, che per i soli mangimi già sono aumentati del 10% nello scorso anno. E per i coniglicoltori lo spettro della chiusura si fa sempre più minaccioso.